Vittoria Colonna | Courtesy of Adelphi Editore, Milano e Archivio della Fondazione Caetani, Roma
È una strana storia d’amore quella sbocciata durante la guerra tra la nobildonna romana Vittoria Colonna e Umberto Boccioni, artista di umili origini deciso a fare a pezzi il passato a colpi di pennello e di cannone. Ripercorrerla significa rivivere un momento unico nella storia del Novecento ed entrare in un mondo femminile al bivio tra tradizione e modernità, raramente associato al Futurismo. Ma significa soprattutto riscoprire un grande protagonista dell’avanguardia oltre la corazza che lui stesso decise di indossare, nella sua fragilità e nella sua freschezza di giovane uomo, in un viaggio che illumina anche le circostanze – banali e insieme misteriose – della sua morte.
Marella Caracciolo Chia in Formidabile Boccioni | © ARTE.it
Per ovvi motivi, nel documentario non è stato possibile riportare integralmente l’intervista alla scrittrice. La presentiamo qui, per gustare appieno le sorprese riservate dalla sua scoperta.
“Sono entrata in questa storia per caso – racconta Marella Caracciolo Chia – mentre facevo una ricerca su Leone Caetani, grande ricercatore, intellettuale, politico, idealista ed erede di un’immensa fortuna che ha abbandonato all’improvviso con una scelta radicale di cui desideravo scoprire i motivi. Nei carteggi tra lui e sua moglie, la principessa Vittoria Colonna, ho trovato il riferimento a un baule scomparso pieno di lettere. Grazie a Prospero Colonna, un nipote di Vittoria, sono riuscita a rintracciarlo negli archivi di Palazzo Caetani a Roma. Sono stata la prima persona ad aprirlo, facendo una straordinaria scoperta. In fondo al baule, quasi nascosto, c’era un pacchettino di lettere tenuto insieme con dell’umile spago. Quando l’ho aperto, con incredibile sorpresa ho scoperto il carteggio perduto tra uno dei più grandi artisti del Novecento e la principessa romana. Naturalmente ho dirottato tutte le mie attenzioni su questa storia”.
Tutto inizia nel 1915, quando Boccioni, convinto interventista, si arruola per sostenere l’Italia nella Prima Guerra Mondiale. “Con il Battaglione dei Ciclisti Lombardi Volontari viene mandato in alta montagna. C’è anche un gruppo di futuristi, tra cui Sant’Elia, Marinetti e Sironi. Nel suo diario descrive una guerra molto lontana da quella eroica e idealista che aveva immaginato: si ritrova perennemente al freddo e nel fango, tra schioppi violentissimi, e per sopravvivere è costretto a nascondersi”.
Marinetti ed i futuristi volontari al fronte – guerra 1914 – 1918 | Beinecke Rare Book and Manuscript Library, Yale University Library
Ma anche mentre la battaglia infuria, Boccioni trova il tempo di dedicarsi all’arte…
“In un periodo di congedo, il 6 giugno del 1916 Boccioni arriva a Villa San Remigio, sulle sponde orientali del Lago Maggiore, per dipingere il ritratto di Ferruccio Busoni, grandissimo compositore e pianista dell’epoca che era anche un suo sostenitore. Nel 1912 Busoni aveva acquistato il dipinto La città che sale e dopo quel primo incontro erano sempre rimasti in contatto.
Boccioni è ospite dei Marchesi della Valle di Casanova, una coppia cosmopolita e molto diversa dalle persone che è abituato a frequentare: lui è poeta, pittore, collezionista, di origini napoletane ma di cultura mitteleuropea, lei è una pittrice irlandese appassionata di giardinaggio. Hanno dedicato la loro vita a trasformare la villa e il giardino in una specie di tempio dedicato al romanticismo. Per Boccioni questo mondo rarefatto e passatista, fatto di agi e privilegi, diventa subito una sorta di rifugio dagli orrori della guerra.
Oltre all’amicizia con Busoni, c’è un altro motivo che l’ha spinto ad accettare la commissione ed è la preoccupazione per la madre, un’anziana sarta ormai quasi completamente cieca. Al fronte Boccioni si è reso conto della precarietà della vita: una commissione così generosa gli permetterebbe di pensare al futuro della madre e della sorella nel caso dovesse succedergli qualcosa”.
È durante la realizzazione del ritratto che Boccioni sente parlare di Vittoria…
“Boccioni sistemò il suo studio sulla bellissima terrazza della villa. Busoni posava sotto una magnolia, con il lago sullo sfondo. Il panorama si intravede anche nel quadro, che oggi si trova alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma: in lontananza si distinguono i contorni dell’Isolino di San Giovanni, con il campanile della chiesa e i tetti rossi. I padroni di casa avranno certo raccontato a Boccioni che su quest’isola abitava la principessa romana Vittoria Colonna. E il nome deve aver fatto breccia nella sua immaginazione: lo stesso di una famosa musa di Michelangelo, che lui idolatrava come uno dei più grandi geni dell’arte. Vittoria si era rifugiata sul lago con il figlio adolescente, Onorato Caetani, un ragazzo difficile con dei problemi di apprendimento, e conduceva una vita molto solitaria”.
Courtesy of Adelphi Editore, Milano e Archivio della Fondazione Caetani, Roma
Che tipo di donna è Vittoria?
“Vittoria appartiene a quella generazione di donne che prendono coscienza del loro ruolo in società. È nata in un’antichissima famiglia di principi dove le donne non hanno alcun potere. Ma da ragazza gareggia in bicicletta e presto guiderà le prime automobili. Una volta vola addirittura in mongolfiera e per questo la soprannomineranno ‘la principessa volante’. È un’acquarellista, ama viaggiare e cura il suo giardino con molta passione, ma soprattutto è una donna inquieta, che scalpita per il desiderio di uscire dai ruoli di donna, moglie e madre che le sono stati imposti. Dev’essere stato questo ad aver attratto Boccioni così potentemente”.
Come avviene l’incontro tra i due?
“Boccioni incontra per la prima volta Vittoria durante un pranzo a Villa San Remigio. Conosce già un pochino la sua storia, ma chi vede davanti a sé è una bella, bellissima donna di 35 anni, viva, curiosa, spigliata. Quella sera stessa in una lettera al marito lei descriverà Boccioni come un ragazzo estremamente allegro, gentile e intelligente, che al contrario di Busoni ha anche una grande umiltà nel modo di porsi… un’umiltà d’artista, un’autentica curiosità verso gli altri”,
“Per una settimana Boccioni e Vittoria si frequentano quotidianamente in compagnia dei marchesi e di Busoni. Poi, in una serata di luna piena, lei lo invita a cenare in giardino, a casa sua. L’attrazione è fortissima per entrambi. Il giorno dopo Boccioni parte. Tornerà direttamente sull’isola, dove i due trascorreranno un paio di settimane in completa solitudine, incuranti dei pettegolezzi che si stanno sollevando intorno a loro. Quando Boccioni è richiamato al fronte, inizia uno scambio di lettere fitto e appassionato. Lui le racconta tantissime cose di sé e parla anche di Onorato, il figlio di Vittoria: è un ragazzo straordinario, scrive, ‘il perfetto ragazzo futurista’ perché pensa senza schemi precostituiti, corre, si rotola sull’erba, è dotato di una spontaneità straordinaria… Tra l’adolescente e l’artista è nato un rapporto di grande tenerezza”.
Umberto Boccioni e Ferruccio Busoni all’Isolino di San Giovanni | Courtesy of Adelphi Editore, Milano e Archivio della Fondazione Caetani, Roma
Pensi che Boccioni abbia visto in questa relazione una scorciatoia per affermarsi come artista?
“So che secondo alcuni Boccioni sarebbe stato attratto soprattutto dal mondo di privilegi che Vittoria incarnava, ma le mie ricerche mi portano a escluderlo. Non credo volesse sfruttare la situazione per il suo successo personale”.
Nelle sue lettere Boccioni racconta a Vittoria quello che sta facendo in campo artistico?
“Vittoria è una persona colta che ha viaggiato molto, ha visitato le mostre delle avanguardie e conosce benissimo il lavoro dei futuristi. Sono sicura che con Umberto abbiano parlato molto di arte. A questo proposito c’è un aneddoto che mi piace ricordare. Nella sua casa sull’isola Vittoria stava per costruire un pollaio. Boccioni fece di tutto per convincerla a creare un pollaio futurista dipinto con i colori primari… Ne disegnò addirittura il progetto”.
Qual è il cemento di questo amore?
“Quello tra Umberto e Vittoria è soprattutto un incontro di anime in un momento di grande cambiamento. Due persone solitamente ingabbiate nei loro rispettivi ruoli – lei una principessa di Roma, lui un artista geniale ma povero, che non si sente abbastanza riconosciuto – si ritrovano improvvisamente unite in una dimensione quasi irreale, su una piccola isola sul Lago Maggiore, tra gli echi di mondi nuovi e diversi. Questa guerra così crudele, che stava spazzando via tutto quello che era stato il mondo fino ad allora, faceva anche intravedere l’idea che un individuo potesse essere l’agente principale del proprio destino. È una sensazione che si avverte sia nelle lettere di Boccioni che in quelle di Vittoria”.
Ma a un certo punto Boccioni non riceve più le lettere dell’amata… Che cosa è successo?
“Il Lago Maggiore era un luogo estremamente mondano: a dispetto della guerra in corso, lì si riuniva il gotha di tutta Europa, aristocrazia italiana compresa. Sarebbe molto ingenuo pensare che gli amanti dell’isolino siano passati inosservati. I pettegolezzi devono essere arrivati fino alle orecchie della duchessa Ada Caetani di Sermoneta, odiatissima suocera di Vittoria, che credo ci abbia messo lo zampino. Boccioni continua a scrivere, e anche Vittoria, ma le sue risposte non arrivano a destinazione. È probabile che le lettere siano intercettate e bloccate”.
Ritratto di Vittoria Colonna | Courtesy of Adelphi Editore, Milano e Archivio della Fondazione Caetani, Roma
Come reagisce Boccioni?
“Umberto è preoccupatissimo, disperato. Non riesce a spiegarsi questo silenzio. Pur non essendo un cavallerizzo, ogni giorno percorre anche 25 chilometri a cavallo per distrarsi dall’ansia. Il cavallo assume per lui un significato metaforico. Oltre al nome, Vermiglio, che riporta a un colore che gli è caro, c’è l’idea di un animale nobile, maestoso, un animale che fino a poco tempo prima – cioè fino all’avvento delle automobili – era stato un simbolo di privilegio, un simbolo dell’ambiente da cui proviene Vittoria. Cavalcare significa in qualche modo sentirsi vicino a lei. Il cavallo diventa così la speranza e la perdizione di Boccioni”.
Anche nel carteggio Vittoria e Umberto si ripromettono di fare insieme grandi cavalcate… Ha senso per loro parlare di futuro?
“Le lettere tra Boccioni e Vittoria parlano molto del futuro, nonostante il loro amore fosse reso possibile solo dalla guerra, che spingeva ognuno ad aggrapparsi a qualsiasi brandello di felicità. Vittoria gli dice: ti porterò a vedere i possedimenti Caetani, ti porterò a Ninfa, a Sermoneta… Tessono il ricamo di una vita ideale a cui forse entrambi sanno di non poter accedere, ma che in quel momento è una zattera di salvataggio”.
A un certo punto Boccioni viene richiamato a Verona nel 29° Reggimento di Artiglieria. Che cosa è successo quel fatidico 16 agosto?
“Da troppi giorni Boccioni non riceveva risposte alle sue lettere, era in uno stato di grande ansia. Lo leggiamo in una missiva del suo amico Piccoli ritrovata nel baule di Palazzo Caetani, che racconta come una cronaca giornalistica l’ultimo giorno di vita dell’artista. Il 16 agosto, dopo una lunga giornata a cavallo, Boccioni chiede ancora una volta il permesso di prendere Vermiglio e alle sette di sera parte per una nuova passeggiata. Il suo sergente lo accompagna. A un certo punto il cavallo impazzisce e inizia a correre. Umberto cade, sbatte la testa e dopo poche ore è morto. Era spossato dalla disperazione al punto da non riuscire a reggersi in sella? È stato un suicidio? C’era un desiderio di morte dietro questa cavalcata serale fuori dal regolamento? Non lo sapremo mai”.
Marella Caracciolo Chia, Una parentesi luminosa. L’amore segreto fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna, Adelphi, 2008
In che modo Vittoria apprende la notizia della morte di Umberto?
“Vittoria scriveva regolarmente al marito che era al fronte e anche queste lettere sono state conservate nel baule. Averle a disposizione mi ha aiutata moltissimo a ricostruire queste settimane d’amore e di tragedia. Pochi giorni dopo la morte di Boccioni, in una lettera molto sincera lei racconta che ha appena appreso la notizia dal trafiletto di un giornale. Disperata, riempie cesti e cesti di fiori del suo giardino e parte immediatamente per Milano. Nello studio di Boccioni trova la sorella e la vecchia madre che ancora non sa cosa è successo. È lì nel momento spaventoso in cui le danno la notizia della morte del figlio. Il suo racconto è molto emozionante: Vittoria scrive di non aver mai conosciuto fino ad allora la reale portata del dolore umano. Rimane con la famiglia di Boccioni per un paio giorni, vivendo il dramma fino in fondo. Sistema i fiori dell’isolino sulle sculture, sui tavoli, nei vasi. Molti avranno visto le fotografie scattate più tardi nello studio, dove ci sono i gessi che raccontano i progetti di Boccioni, ma i fiori ormai secchi, spettrali, quel che resta di un grande amore”.
Boccioni aveva avuto tante relazioni, nessuna stabile… Questa volta invece sembra abbia trovato l’amore della sua vita. È veramente così?
“Dalle lettere emerge una profonda intesa emotiva, intellettuale, estetica che non credo lui mai abbia provato prima. Sin da subito quello con Vittoria è un amore che va oltre i luoghi comuni. Grazie alla corrente fortissima che si crea tra di loro, entrambi escono dai rispettivi ruoli per essere finalmente se stessi di fronte all’altro. Anche nell’arte, in questo periodo Boccioni guarda le cose con occhio più fresco e limpido: lo notiamo nei quadri che dipinge sul lago, non solo il ritratto di Busoni, ma anche quello della moglie del pianista e alcuni paesaggi”.
Il ritratto di Busoni non è un quadro futurista, sembra di essere tornati a in un linguaggio più pacato e vicino alla realtà… L’ondata futurista si è esaurita?
“La guerra ha distrutto l’illusione ottimistica di un mondo che corre verso un futuro sfavillante sulle ali della tecnologia. C’è stato quello che viene definito un rappel à l’ordre. A questo proposito mi piace ricordare una frase di Guillaume Apollinaire, il grande poeta che conobbe Boccioni all’inizio della carriera e che morì solo un anno dopo di lui, falciato dall’influenza spagnola. Anche Apollinaire aveva fatto l’esperienza del fronte, della fine degli ideali. Rivolgendosi alle generazioni future, dice “siate indulgenti con noi in perenne sospensione tra l’ordine e l’avventura”. L’amore tra Vittoria e Boccioni è figlio di quest’epoca di mezzo, in bilico tra le certezze di prima e l’ordine a venire: solo in questo breve e incredibile spicchio di tempo poteva fiorire un’avventura così speciale”.
Umberto Boccioni, Ritratto del Maestro Busoni, 1916, Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
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