“Lonely Daters” fonde un gruppo di sculture e interventi spaziali in un ambiente emotivo, stratificando superfici e potenziali letture di oggetti attraverso il loro posizionamento nello spazio. Il rifiuto di una semplice figurazione, dell’oggetto-uguale-senso, fornisce un diverso potenziale mezzo di comprensione, aprendo le sculture ad essere scrutate dalle loro superfici fino al loro nucleo, dall’esperienza e dal significato al riferimento, districando così il processo ipotizzato di ” significato.”
Partiamo da terra. Ricoperto di piastrelle di ardesia, si agita ad ogni passo. Equilibrio, fuoco di Sant’Antonio che scivola via da sotto i tuoi piedi. I tappetini in feltro di capelli umani evocano la sensazione di vedere i ciuffi dei propri capelli nello scarico della doccia. Sculture in vetro soffiato a forma di clessidra riflettono la stanza e lo spettatore, lo specchio e la Vanitas. Nessuna sabbia li attraversa: è come se la funzione ausiliaria dell’installazione fosse quella di rendere evidente come il nostro apparato sensuale sia ora attivo e funzionante, funzionante correttamente, continuamente associato. Le superfici dei tanti oggetti appesi alle pareti della galleria sono state trattate, trattate, graffiate ed esposte alla luce solare, invocando il pennello come agente dell’esistenza: io, tu, c’era qualcosa.
Se le vetrine in vetro oggi esposte a “Fall” all’Istituto Svizzero di Milano, racchiudono le sculture di Marie Matusz riducendone la visibilità, allora questa mostra compie un esercizio inverso. Qui, le superfici sono esposte, inquadrature e luoghi di scambio incorniciati. Gli oggetti racchiusi all’Istituto Svizzero funzionano come potenziali: un mobile, un palcoscenico, uno strumento. D’altra parte, le opere qui mostrano ciò che potrebbe essere stato una volta lì e ciò che da allora è scomparso: un potenziale ex negativo, uno spazio vuoto. (Sapevo dove l’avevi lasciato finché non sono andato a cercarlo.)
L’esecuzione di questo svuotamento dell’esperienza della mostra potrebbe lasciare il posto a uno strato più affettivo della percezione: poiché “il significato è”, secondo Franco Bifo Beradi, “non una presenza, ma un’esperienza” — idealmente condivisa, l’esterno che guarda dentro e l’interno che guarda fuori, come camminare nei panni di qualcun altro.
a Clima, Milano
fino al 15 novembre 2022