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Da Mondrian a Polanski, la settimana dell’arte in tv



Piet Mondrian (1872-1944), Composition with Large Red Plane, Yellow, Black, Gray and Blue, 1921, Oil on canvas, 59.5 x 59.5 cm, Gemeentemuseum Den Haag

Su Rai Storia i segreti dei Bronzi di San Casciano 
Nel novembre 2022 la loro scoperta suscitò grande clamore, al punto che qualcuno li definì “il ritrovamento archeologico più importante dai tempi dei Bronzi di Riace”: avvolti dal fango caldo di una sorgente termo-minerale, i 24 bronzi di San Casciano dei Bagni hanno attraversato i secoli per riemergere intatti dopo 2300 anni. Mentre attendiamo che tornino in scena nella mostra prevista al MANN dal 15 febbraio, Rai Storia ci invita a riviverne le affascinanti vicende nel documentario Come un fulmine nell’acqua. I bronzi di San Casciano dei Bagni di Brigida Gullo, diretto da Eugenio Farioli Vecchioli, in onda lunedì 29 gennaio alle 21.10 all’interno del programma Italia. Viaggio nella bellezza

Appuntamento dunque nel piccolo borgo toscano che ha sempre vissuto in simbiosi con le sue acque. Per più di sette secoli – tra il III secolo a.C. e il V d.C. – il Santuario del Bagno Grande è stato un luogo di cura, misticismo e pellegrinaggio capace di mettere d’accordo Romani ed Etruschi. Nel documentario nel ripercorreremo la storia e rivivremo i momenti più emozionanti del ritrovamento con le testimonianze dei protagonisti, per poi seguire le fasi di un restauro condotto in tempi record e indagare sui segreti che i 200 manufatti e le 5000 monete riemerse a San Casciano sono in grado di raccontare. 

Mondrian, Munch e Dürer protagonisti su Rai 5
A 80 anni dalla morte del maestro dell’Astrattismo, Art Night lo ricorda con il documentario Nello studio di Mondrian, in onda mercoledì 31 gennaio alle 21.15. “Cosa voglio esprimere con la mia opera? Niente di diverso da quello che ogni artista cerca: raggiungere l’armonia tramite l’equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici. Solo in modo più nitido e più forte” scriveva il grande pittore olandese nel manifesto del Neoplasticismo del 1918. Dopo aver sperimentato stili diversi, Mondrian inventava un linguaggio del tutto nuovo, destinato a fare scuola: i suoi colori e le sue geometrie anticipavano di decenni quella che sarebbe stata l’estetica degli anni Sessanta. Il documentario di Rai Cultura ripercorre l’evoluzione del maestro dalle prime opere di ispirazione impressionista allo sviluppo della sua originale versione dell’Astrattismo, mettendone in luce le idee sull’arte, gli interessi e la dimensione umana. 

Su Rai 5 Mondrian è in buona compagnia, in una programmazione che spazia dall’antichità all’arte moderna. Lunedì 29 alle 19.20 Edvard Munch. Un grido nella natura racconterà l’autore dell’Urlo dalla stessa prospettiva della grande mostra che, fino al prossimo 1° aprile, lo vede protagonista a Berlino, mentre mercoledì alla stessa ora La Venere di Milo, una per tutte ripercorrerà tra mille curiosità la storia della celebre statua del Louvre. 

Per viaggiare nel Quattrocento europeo, sono due gli appuntamenti da non perdere: martedì 30 Il Palazzo dei destini incrociati (19.20) ci condurrà tra le meraviglie del Palazzo Ducale di Urbino, dimora dello straordinario mecenate Federico da Montefeltro, mentre giovedì 1° febbraio ci ritroveremo immersi nelle atmosfere del Rinascimento tedesco con Albrecht Dürer, il mistero degli autoritratti (19.10). Chiude la settimana Gemito lo scultore folle, dove il grande artista napoletano ci stupirà con una vita simile a un film giallo (venerdì 2 febbraio alle 19.15). 

Da Polanski a Chanel, le proposte di Sky Arte
Roman Polanski e Ryszard Horowitz sono stati amici da ragazzi a Cracovia. Poi la persecuzione nazista li ha separati e hanno vissuto a lungo lontano dalla loro terra d’origine, diventando uno regista e l’altro fotografo. Horowitz è stato uno dei bambini salvati da Oskar Schindler, mentre Polanski è stato nascosto da una famiglia di contadini cattolici. Già a quell’età la passione per l’arte li accomunava, e l’avrebbero sviluppata crescendo, dopo aver ottenuto la libertà. Ora si ritrovano, entrambi ultra ottantenni, a passeggio per le strade dell’ex capitale della Polonia, rievocando il passato tra eventi drammatici, momenti ilari ed episodi surreali. Un ritorno a casa da seguire passo dopo passo nel docufilm Hometown – La strada dei ricordi di Mateusz Kudla e Anna Kokoszka-Romer, in onda su Sky Arte HD mercoledì 31 gennaio alle 16.15, con replica sabato 3 febbraio alle 16.20.  

La settimana di Sky Arte continua con il documentario Melma – Nico Vascellari, dedicato all’ultimo progetto dell’artista veneto, che la scorsa estate ha animato con installazioni site specific gli spazi del Forte Belvedere di Firenze (giovedì 1° febbraio alle 21.15, con replica domenica alle 18). Subito dopo, si vola a Londra per una visita esclusiva nelle sale della National Gallery (22.15), che nel 2024 festeggia il suo 200° compleanno con uno scoppiettante calendario di eventi. 

Nel weekend i grandi protagonisti del Barocco si contendono la scena: sabato 3 febbraio Borromini e Bernini. Sfida alla perfezione racconta di una leggendaria rivalità (12.30), mentre domenica 4 alla stessa ora sarà la volta di Dentro Caravaggio, una full immersion nella pittura del maestro della luce a partire dall’ultima grande mostra allestita su di lui a Milano (12.30). 
Inoltre, per chi avesse perso il debutto, nella prima serata di domenica torna in tv il documentario in due puntate Chanel senza segreti, un viaggio nella vita e nell’opera dell’iconica stilista con interviste esclusive e contenuti inediti provenienti dagli archivi Chanel (a partire dalle 21.15). 

Da lunedì a venerdì alle 12.30, infine, Sky Arte propone un viaggio alla scoperta dei tesori di Roma: da Castel Sant’Angelo al Pantheon e Campo Marzio, per proseguire con Roma regina delle acque, Le chiese paleocristiane, Piranesi e l’Aventino, I Mercati e il Foro di Traiano



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20 mostre da non perdere in Europa nel 2024 – Mondo



Claude Monet (1840 – 1926), Campo di papaveri, 1873, Olio su tela, 50 x 65 cm, Parigi, Collection Musée d’Orsay

Mondo – Qualunque sia la destinazione del vostro viaggio, capitali e città d’arte europee hanno sempre in serbo almeno una bella mostra da visitare. Da Van Gogh a Marina Abramovic , da Matisse a Francis Bacon, il panorama espositivo dei prossimi dodici mesi ha molto da offrire. Senza contare che il 2024 è un anno generoso di anniversari: dal centenario del Surrealismo ai 150 anni dell’Impressionismo, per proseguire con Munch, Lichtenstein, Friedrich, Tàpies, ciascuna di queste ricorrenze sarà salutata da esposizioni ed eventi speciali.
Ecco in ordine di tempo le mostre da non perdere nel 2024, per programmare in tutta calma un piacevole weekend nel segno dell’arte. 

Alberto Giacometti – What Meets the Eye
. Copenaghen – SMK National Gallery of Denmark dal 9 febbraio al 27 maggio

Noto per aver creato la scultura più costosa mai messa all’asta, L’uomo con il dito, il genio artistico di Alberto Giacometti torna sulla scena nel più blasonato museo della Danimarca in una mostra creata in collaborazione con la Fondation Giacometti di Parigi: un’esplorazione completa dell’opera del grande artista svizzero, che spazierà dalla scultura alla pittura, dalla grafica al disegno. In arrivo circa 90 opere realizzate in gran parte tra gli anni Venti e Trenta, un periodo di trasformazione che ha plasmato profondamente l’inimitabile linguaggio di Giacometti.

Yoko Ono: Music of the Mind. Londra – Tate Modern dal 15 febbraio al 1° settembre 2024
Artista, performer, attivista per la pace e per l’ambiente. Ma anche personaggio discusso e, naturalmente, compagna di John Lennon. Ormai novantenne, Yoko Ono si racconta alla Tate Modern in una mostra pensata per metterne in luce la poliedrica personalità, tra arte, performance, musica, video, fotografia. Oltre 200 opere ne ripercorreranno la carriera, soffermandosi sui momenti cruciali: da quelle radicali nate negli anni londinesi segnati dall’incontro con il leader dei Beatles, alle installazioni partecipative e ai progetti di attivismo come Wish Tree, senza dimenticare performance chiacchierate come Cut Piece


Frans Hals, The Laughing Cavalier, 1624, Olio su tela, 83 × 67 cm | © Trustees of the Wallace Collection, London

Frans Hals. Amsterdam – Rijksmuseum, dal 16 febbraio al 9 giugno 2024
Dopo l’irripetibile mostra su Vermeer – in assoluto la più visitata nella storia del Rijksmuseum – nel 2024 il museo olandese punta su Frans Hals, altro celebre maestro del Secolo d’Oro nei Paesi Bassi. 
Amato dai contemporanei per i ritratti che sembravano animati dal soffio della vita, Hals conquistò gli Impressionisti con le sue pennellate sciolte e vibranti. Ora è pronto a fare lo stesso con il pubblico internazionale del Rijksmuseum (e, da luglio a novembre, con i visitatori della Gemäldegalerie di Berlino) in un percorso che riunirà le sue opere più significative da musei di tutto il mondo. Non mancherà all’appuntamento l’iconico Cavaliere che ride, di ritorno in Olanda per la prima volta dal 1870, grazie all’eccezionale prestito della Wallace Collection di Londra. 

Simboli e oggetti. Pop Art dalle Collezioni Guggenheim. Bilbao – Museo Guggenheim dal 16 febbraio al 15 settembre 2024
Nel 1963 il Guggenheim Museum di New York fu la prima istituzione museale interessarsi alla Pop Art con una memorabile mostra: artisti come Andy Warhol, Roy Lichtenstein, Robert Rauschenberg, Claus Oldenburg, Richard Hamilton, sarebbero stati di casa nelle sue prestigiose raccolte. A Bilbao capolavori dei più significativi membri del movimento raccontano i legami tra le collezioni Guggenheim e la Pop Art, in un percorso che dagli anni Sessanta si spinge fino ai nostri giorni. In primo piano, l’ironia e l’inventiva della Pop Art, ma anche la sua influenza fuori dagli Stati Uniti, esemplificata da artisti sudamericani ed europei come Niki de Saint Phalle, Sigmar Polke, Mimmo Rotella, Miguel Angel Càrdenas, Douglas Gordon, Maurizio
Cattelan


René Magritte, The acrobat’s ideas, 1928, Bayerische Staatsgemäldesammlungen – Sammlung Moderne Kunst in der Pinakothek der Moderne München

Imagine! 100 Years di of International Surrealism. Bruxelles – Royal Museum of Fine Arts of Belgium dal 21 febbraio al 21 luglio 2024
A un secolo esatto dalla pubblicazione del primo Manifesto Surrealista, una grande mostra celebra i 100 anni del movimento. Oltre 130 opere racconteranno l’avventura della prima avanguardia davvero internazionale nelle sale del Royal Museum of Fine Arts of Belgium, prima di partire per una tournée che toccherà Francia, Germania, Spagna e Stati Uniti. Creata in collaborazione con il Centre Pompidou di Parigi, l’esposizione presenterà l’intero ventaglio della creatività surrealista, con dipinti, sculture, opere grafiche, fotografie, assemblaggi firmati dai più celebri artisti della galassia surrealista: da Max Ernst a Salvador Dalì, da Giorgio De Chirico a René Magritte. 

Antoni Tàpies. La pratica dell’arte. Madrid – Museo Nacional Centro d’Arte Reina Sofìa dal 21 febbraio al 24 giugno 2024, e Barcellona –  Fundaciò Antoni Tàpies dal 17 luglio 2024 al 12 gennaio 2025
Tra gli anniversari da festeggiare nel 2024, spiccano i 100 anni di Antoni Tàpies, artista catalano insofferente alle etichette, ma universalmente noto come uno dei più significativi rappresentanti dell’Informale. Autodidatta, vulcanico sperimentatore, oppositore del regime franchista, Tapiès conobbe Picasso e Mirò, fu tra i fondatori del gruppo del gruppo Dau di stampo neo-dada e surrealista nel 1948, per poi tuffarsi nell’esplorazione delle infinite potenzialità della materia, mescolando a energiche pennellate sabbia, cemento, corde, abiti o impronte del corpo. In occasione del suo centesimo compleanno, oltre 120 opere ne racconteranno l’avventura in una mostra itinerante tra Madrid e Barcellona, contestualizzandone l’opera e l’influenza esercitata sugli artisti a venire. 


Roy Lichtenstein, Thinking of Him, 1963. Yale University Art Gallery, New Haven, Gift of Richard Brown Baker © Estate of Roy Lichtenstein/Bildrecht, Vienna 2023. Foto Yale University Art Gallery, New Haven

Roy Lichtenstein. A Centennial Exhibition. Vienna – Albertina Museum dall’8 marzo al 14 luglio 2024
L’Albertina celebra i cent’anni dalla nascita di Roy Lichtenstein in una mostra che promette scintille. Nata dalla collaborazione con la Roy Lichtenstein Foundation and Estate e nutrita da prestiti internazionali come quelli del MoMa e il Whitney Museum di New York, del Moderna Museet di Stoccolma o del Thyssen Bornemisza di Madrid, l’esposizione tratteggerà un ritratto completo del maestro della Pop Art, tra capolavori iconici e opere meno note, come le sue sculture. Dalle reinterpretazioni dei fumetti alle riletture dei dipinti di Picasso o Monet, fino agli specchi e ai paesaggi, il linguaggio di uno dei più influenti artisti del Novecento non avrà più segreti.

Marina Abramovic. Amsterdam – Stedelijk Museum dal 16 marzo al 14 luglio 2024
Dopo il successo esplosivo registrato in UK, la regina della performance sbarca in Olanda con la sua maxi retrospettiva. In mostra 60 opere chiave della pluripremiata artista: fotografie, video, sculture e, naturalmente, riedizioni live di alcuni dei suoi più celebri interventi, che per la prima volta verranno eseguiti nei Paesi Bassi. Organizzata in collaborazione con la Royal Academy di Londra, la mostra si presenta come un lungo viaggio lungo 50 anni di carriera, tra opere storiche come Rhythm 0 del ’74, quando la Abramovic si ritrovò con una pistola puntata alla testa, e azioni più recenti come The Artist is Present, realizzata al MoMa di New York nel 2010. Pioniera della performance art che ha spinto ai limiti della propria resistenza fisica e psicologica, la Abramovic ha collaborato da vicino alla creazione della mostra per riproporre ai visitatori quell’intensa esperienza di incontro per la quale è conosciuta.



Edouard Manet (1832-1883), Le Chemin de fer, 1873. Huile sur toile, 93,3 × 111,5 cm. Washington, National Gallery of Art © Photo courtesy of National Gallery of Art, Washington

Parigi 1874. Inventare l’Impressionismo. Parigi – Musée d’Orsay dal 26 marzo al 14 luglio 2024
Il 15 aprile del 1874 apriva a Parigi una mostra destinata a fare storia: nel laboratorio del fotografo Nadar, Monet, Degas, Renoir, Cézanne e altri 27 artisti sfidavano la tradizione con un’esposizione alternativa al Salon Ufficiale, dando il via all’avventura dell’Impressionismo. Centocinquant’anni dopo, il Musée d’Orsay ricorda quella mostra pionieristica con un evento realizzato in collaborazione con il Musée de l’Orangerie e la National Gallery di Washington. Tra 130 opere, vedremo i lavori esposti in Boulevard de Capucines, in un avvincente racconto delle origini del movimento. 

Brancusi. Parigi – Centre Pompidou dal 27 marzo al 1° luglio 2024
Duecento opere per conoscere uno dei più grandi scultori del Novecento: l’appuntamento è a Parigi, dove l’artista di origine rumena, amico di Modigliani, Satie, Duchamp, fu in prima linea nella travolgente stagione delle avanguardie. Al Centre Pompidou vedremo riunite alcune delle più celebri sculture di Brancusi, ma anche calchi, disegni, foto e filmati capaci di raccontare il suo estro multiforme e sfaccettato0 in una panoramica completa. Per Brancusi rapporto tra le sculture e lo spazio rappresentava un elemento imprescindibile: ecco perché l’allestimento della mostra si ispirerà al suo atelier parigino, trasportando i visitatori dentro i processi creativi dell’artista.


Edvard Munch, Summer Night by the Beach, 1902–03. Oil on canvas, 103 × 120 cm. Private collection

Edvard Munch. Trembling Earth. Oslo – Munch Museum dal 17 aprile al 25 agosto 2024
Ottant’anni fa, il 23 gennaio del 1944, moriva a Oslo l’icona della pittura norvegese, Edvard Munch. È attesa per il 27 aprile la grande mostra che celebrerà l’anniversario al Munch Museum, inaugurato nell’autunno 2021 in nuovo, spettacolare edificio affacciato sull’acqua. Depositario della più vasta collezione di opere di Munch al mondo, il museo scandinavo rende omaggio al padrone di casa raccontandone l’arte a partire da un tema a lui caro – il legame con l’universo naturale – attraverso oltre 100 opere, tra cui molti prestiti eccellenti. Dai paesaggi boschivi alle aspre marine del Nord, fino ai corpi umani intrecciati alla terra, scopriremo come Munch ammirasse la potenza e la capacità di rinascita della natura, e al contempo vedesse in essa il riflesso dei propri stati d’animo, sospeso tra una sensibilità panteistica e l’interesse per le grandi scoperte scientifiche del suo tempo.  

Caspar David Friedrich. Paesaggi Infiniti. Berlino – Alte Nationalgalerie Caspar dal 19 aprile al 4 agosto 2024
Icona del Romanticismo, Caspar David Friedrich è il pittore tedesco più famoso nel mondo insieme ad Albrecht Dürer. Nel 2024 la Germania festeggia i suoi 250 anni con mostre, eventi e itinerari dedicati. Se Amburgo ha già aperto le danze con un’importante esposizione alla Kunsthalle (in corso fino al 1° aprile), l’appuntamento più atteso è la mostra Paesaggi infiniti, all’Alte Nationalgalerie di Berlino dal 19 aprile al 4 agosto. Tra i gioielli di casa e importanti prestiti internazionali, avremo modo di immergerci completamente nelle atmosfere sognanti e misteriose del maestro romantico, grazie alla presenza dei suoi più importanti capolavori. 


Caspar David Friedrich, Evening © Kunsthalle Mannheim. Photo Cem Yücetas

Espressionisti. Kandinsky, Münter e il Cavaliere Azzurro. Londra – Tate Modern dal 25 aprile al 20 ottobre 2024
Una storia d’arte e di amicizia. Attivo tra il 1911 al 1914 a Monaco di Baviera, il Cavaliere Azzurro fu un gruppo di artisti uniti dal desiderio di cambiare il modo di fare arte, con Vasily Kandinsky e Gabriele Münter a fare da catalizzatori. Primo nucleo dell’Espressionismo tedesco, il movimento diede vita a un linguaggio audace e vibrante, sperimentando con il colore, il suono e la luce. La mostra alla Tate Modern ne ricostruirà la parabola in 130 opere, tra dipinti, sculture, fotografie, performance e suoni, spaziando dalle ricerche sul colore di Franz Marc ad Alexander Sacharoff e alle sue performance freestyle. Anche le artiste svolsero un ruolo importante nel movimento: come Gabriele Münter, rappresentata dalle sue fotografie sperimentali, o Marianne Werefkin, autrice di dipinti di grande intensità. 

Van Gogh: Poets and Lovers. Londra – National Gallery dal 14 settembre 2024 al 19 gennaio 2025
Cento anni fa, nel 1924, le collezioni della National Gallery si arricchivano di due iconici dipinti firmati Van Gogh: i Girasoli e la Sedia. Per festeggiare la ricorrenza il museo di Trafalgar Square dedica una grande mostra al maestro olandese, a coronamento delle celebrazioni per il bicentenario della sua fondazione. Per l’occasione sono attesi prestiti da importanti collezioni europee come Il Van Gogh Museum di Amsterdam, il Kröller Müller Museum di Otterlo e il Musée d’Orsay di Parigi, in un progetto che riunirà alcuni dei più grandi capolavori dell’artista. Saranno più di 50 i dipinti e i disegni da ammirare, in un percorso che indagherà sull’immaginazione poetica e sul tema dell’amore nel lavoro di Van Gogh, spaziando dai paesaggi ai ritratti e alle nature morte. 


Vincent van Gogh, Girasoli, 1888 | Courtesy © National Gallery, London

Matisse, Invito al viaggio.  Basilea – Fondation Beyeler dal 22 settembre 2024 al 26 gennaio 2025
La passione per il viaggio ha portato Henri Matisse dall’Italia al Marocco, dalla Spagna a Tahiti, per lasciarsi ispirare dalla natura e dall’arte di ogni paese. Promette di essere un viaggio indimenticabile  anche la mostra che la Fondation Beyeler dedica al maestro francese nel prossimo autunno, la prima in area germanica dopo quasi vent’anni. In arrivo oltre 70 capolavori scelti per rappresentare l’intera carriera dell’artista: dagli esordi alla rivoluzione dei Fauves, dai dipinti sensuali di Nizza ai leggendari cut-out realizzati negli anni Quaranta e Cinquanta da un Matisse ormai maturo. 

Chagall. Vienna – Albertina Museum dal 28 settembre 2024 al 9 febbraio 2025
All’Albertina l’autunno ha i colori di Chagall. Emozionante, visionario, quasi magico, il maestro novecentesco ha conquistato platee di spettatori con il suo immaginario incantato e il suo stile unico al mondo. Quando si parla di lui, realtà apparentemente inconciliabili si avvicinano fino confondersi: i ricordi del villaggio di Vitebsk e la Parigi delle avanguardie, gli orrori della guerra e l’incanto delle fiabe ebraiche, la Storia, il sogno, il quotidiano. “L’arte prima di tutto è uno stato d’animo”, era solito dire del resto il grande pittore. Con circa 90 opere, la mostra viennese attraverserà tutte le fasi della carriera di Chagall, accomunate dalla ricerca attorno a temi universali e dall’emergere di una moltitudine di “impossibili possibilità”. 


James Ensor (1860 – 1949), L’intrigo, 1890), Anversa, KMSKA – Koninklijk Museum voor Schone Kunsten

James Ensor. Your Wildest Dreams. Anversa – KMSKA dal 28 settembre 2024 al 19 gennaio 2025
Nel 2024 il Belgio celebra l’anno di James Ensor con un programma diffuso di esposizioni, eventi e itinerari speciali. Se Ostenda, la città natale dell’artista, sarà il cuore della festa, Anversa non sarà da meno, con la più importante collezione al mondo di opere di Ensor conservata presso il KMSKA, che a partire da settembre ospiterà la più grande mostra dedicata all’artista dal 1999. Un’occasione per ammirare i capolavori di Ensor a confronto con illustri maestri da cui fu ispirato, o che non esitò a sfidare: da Bosch a Goya, fino a Monet, Degas, Renoir. Anche Bruxelles parteciperà alle celebrazioni, con mostre alla Royal Library e al Bozar. Il programma completo di Ensor 2024 è disponibile a questo link

Paul Gauguin. Vienna – Kunstforum Wien di Bank Austria dal 3 ottobre 2024 al 19 gennaio 2025
Sarà davvero un grande ritorno quello di Paul Gauguin: era dagli anni Sessanta che il maestro francese era assente dalle scene espositive del paese. Al Kunstforum Wien di Bank Austria circa 80 opere provenienti da grandi musei internazionali e importanti collezioni private illustreranno la ricerca pionieristica dell’artista, tra i più influenti innovatori nell’arte tra Ottocento e Novecento. Attraverso dipinti, grafiche e sculture, vedremo il linguaggio di Gauguin prendere forma opera dopo opera, viaggio dopo viaggio, lasciandosi alle spalle la tradizione e aprendo la strada all’era delle avanguardie.


Arte Povera, Parigi, Borse de Commerce I Courtesy Pinault Collection 

Arte Povera. Parigi – Bourse de Commerce dal 9 ottobre 2024 al 24 marzo 2025
Sempre più richiesta sulle scene internazionali, da settembre l’Arte Povera torna a Parigi da protagonista e sbarca alla Bourse de Commerce. Curata da Carolyn Christov-Bakargiev, la mostra racconterà lo sviluppo del movimento in Italia, per poi evidenziarne le influenze a livello globale. Pittura, scultura, disegno, fotografia, opere performative e, naturalmente, le prime rivoluzionarie installazioni, mapperanno il vasto campo d’azione dell’Arte Povera, grazie a prestiti che vedono le collezioni italiane in prima linea – dal Castello di Rivoli alla Fondazione CRT – e che si aggiungeranno al ricco corpus della Collezione Pinault. I grandi protagonisti del movimento non mancheranno all’appello: Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Mario et Marisa Merz, Giulio Paolini, Pino Pascali, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto sono solo alcuni dei nomi da tenere d’occhio lungo il percorso. 

Francis Bacon Portraits. Londra – National Portrait Gallery dal 10 ottobre 2024 al 19 gennaio 2025
Il ritratto secondo Francis Bacon va in scena alla National Portrait Gallery, con l’obiettivo di raccontare le innovazioni del grande novecentesco e le sue sfide alla tradizione del genere ritrattistico. Quello tra Bacon e il ritratto è stato un legame profondo e costante: dalle opere ispirate ai maestri del passato ai dipinti monumentali dedicati alle persone amate, preziosi prestiti da collezioni pubbliche e private ripercorreranno le vicende biografiche e l’evoluzione artistica del gigante della pittura britannica. Tra i pezzi da non perdere spiccano gli autoritratti di Bacon, accanto ai ritratti di artisti come Lucian Freud e Isabel Rawsthorne, o a quelli di Peter Lacy e George Dyer, storici amanti del pittore. 

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Da Luigi Ghirri a Kirchner, il 2024 del MASI – Mondo



Luigi Ghirri, Trani, 1981. C-print, CSAC, Università di Parma © Eredi Ghirri

Mondo – Gli esordi del 2024 al MASI – Museo d’arte della Svizzera italiana vedono protagonista la fotografia.
Se la sede del LAC inaugura la nuova stagione espositiva con un omaggio a Ernst Scheidegger, il grande artista svizzero che ha scritto un importante capitolo della storia della fotografia, l’attenzione all’arte dello scatto si fa internazionale con la personale dedicata a Luigi Ghirri.
Dopo l’omaggio a Ernst Scheidegger (dal 18.02 al 21.07.2024) attraverso un faccia a faccia Giacometti, Dalí, Miró, Ernst, Chagall, artisti immortalati dal fotoreporter e collaboratore della rinomata agenzia Magnum Photos, l’agenda 2024 del MASI guarderà alla fotografia di viaggio. Dall’8 settembre al 26 gennaio, a poco più di trent’anni dalla scomparsa di Luigi Ghirri, il museo di Lugano, nella sede del LAC, dedica una personale all’artista di Scandiano.


Ernst Scheidegger, Allieva della scuola di danza di Madame Rousanne, Parigi, 1955 © Stiftung Ernst Scheidegger-Archiv, Zürich

Luigi Ghirri – Il viaggio. Fotografie 1970-1991 è il titolo del percorso che, attraverso 150 stampe, metterà in luce le diverse prospettive del fotografo italiano sul viaggio, inteso come esperienza, ma anche come dimensione immaginaria. Per questo la mostra, oltre a presentare destinazioni turistiche, spesso immortalate fuori stagione, abbraccerà anche fotografie di mappe, atlanti, cartoline, immagini pubblicitarie.
Concepito come un labirinto espositivo che si dipana tra le “geografie sentimentali” di uno dei pionieri della fotografia del Novecento, il percorso lascerà poi spazio alla ricerca contemporanea più attuale.

Chi visiterà il LAC dal 17 marzo al 18 agosto potrà ammirare Shahryar Nashat. Streams of Spleen, un’installazione immersiva di grande impatto. Per il progetto, concepito per la sala ipogea del MASI, l’artista di Ginevra stravolgerà completamente lo spazio museale e la sua atmosfera intervenendo sul pavimento, sui pilastri, sulle luci e sulle pareti della sala. Tra le opere esposte saranno presenti sculture inedite e un video su uno schermo integrato nell’architettura. Il visitatore sarà chiamato a partecipare alla ricerca dell’artista che pone al centro il corpo umano, nelle sue interazioni e sensazioni, nella sua fragilità e resilienza.


Shahryar Nashat, Untitled, 2023. Frame da un video HD: colore / audio stereo | Courtesy of the artist, Rodeo, Piraeus/London; Gladstone Gallery, New York/Brussels; David Kordansky Gallery, Los Angeles/New York, © the artist

Partendo da interventi sulla percezione fisica, Nashat innescherà una riflessione sulla condizione umana.
Dall’installazione alla scultura. Oltre trenta capolavori realizzati da Alexander Calder tra il 1930 e il 1960, dalle prime astrazioni o sphériques a una magnifica selezione di mobiles, stabiles e standing mobiles di varie dimensioni, arriveranno al LAC in occasione della mostra Calder. Sculpting Time dedicata a uno degli artisti più rivoluzionari del XX secolo. Accadrà dal 5 maggio al 6 ottobre grazie al sostegno della Fondazione Favorita.

Alexander Calder, Quatre systèmes rouges, 1960, Ferro e acciaio verniciato Louisiana Museum of Modern Art, Humlebaek, Denmark. Donation: The New Carlsberg Foundation © 2024 Calder Foundation, New York / Artists Rights Society (ARS), New York

L’ultimo appuntamento del 2024 sarà un approfondimento sulla storia dell’arte del Cantone Ticino e delle collezioni del museo. La mostra Da Davos a Obino. Ernst Ludwig Kirchner e gli artisti del gruppo Rot-Blau metterà in luce l’influenza che Ernst Ludwig Kirchner ha avuto sullo sviluppo del linguaggio pittorico e scultoreo di matrice espressionista della generazione di giovani artisti svizzeri.


Ernst Ludwig Kirchner, Alpküche (Cucina alpestre), 1918, Olio su tela Madrid, Museo Nacional Thyssen-Bornemisza © Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, Madrid

Dal 17 novembre 2024 al 23 marzo 2025 il pittore tedesco, tra i massimi esponenti del gruppo Die Brücke e, più in generale, dell’espressionismo tedesco, sarà a Lugano con una selezione di una ventina di dipinti provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private svizzere ed europee. Il MASI continuerà poi a dare spazio alla creazione contemporanea svizzera.
Da giugno ad agosto si svolgerà a Palazzo Reali la mostra del vincitore o della vincitrice del Bally Artist Award, il premio che ogni anno la Fondazione Bally, in collaborazione con il MASI, assegna a un artista attivo sul territorio elvetico. Da ottobre 2024 a gennaio 2025 le sale del LAC ospiteranno infine la mostra dell’artista zurighese Johanna Kotlaris, vincitrice per il Ticino del Premio Culturale Manor 2024, che concepirà un progetto espositivo per l’occasione.

 Leggi anche:
• Cent’anni di Ernst Scheidegger, il fotografo degli artisti



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Un Ligabue “privato” in mostra a Torino – Torino



Antonio Ligabue, Ritorno dai campi, 1959, Olio su faesite, 100 x 65 cm, Collezione privata

Torino – C’è un caseifico, e il ritorno dal lavoro. Un ritratto di donna, un interno, un vaso con fiori. E poi castelli, lumache, fattorie, una semina con cavalli imbizzarriti.
I tormenti di Antonio Ligabue, racchiusi nell’iconografia popolare e raffinata dei suoi lavori, si raccontano in una mostra in corso alla Società Promotrice delle Belle Arti di Torino.
Fino al 26 maggio oltre 90 opere scandiscono un viaggio nell’arte del genio visionario sempre in costante evoluzione, nato a Zurigo e morto a Gualtieri.
Curata da Giovanni Faccenda, con il patrocinio della “Fondazione Augusto Agosta Tota per Antonio Ligabue” e prodotta da SM.ART, con la direzione creativa e di produzione di WeAreBeside, l’esposizione presenta in otto sale un corpus di 71 dipinti, 8 sculture e 13 disegni in prestito da collezioni private.


Antonio Ligabue, Lotta di galli, 1953, Olio su faesite, Collezione privata

I visitatori si imbattono nei celebri autoritratti e nella Testa di tigre del 1953, nel Leopardo del 1955 e nel Motociclista del 1954. Alla Traversata della Siberia del 1959 si affiancano le sculture Leone e Leonessa del 1935, Pantera del 1938, Leonessa accucciata del 1940, e ancora il Busto di Gorilla del 1956, i disegni con figure di animali e l’Autoritratto a matita del 1955.

“L’arte, quando gli fu possibile o scelse lui stesso volontariamente di praticarla – spiega il curatore Giovanni Faccenda – rappresentò per Ligabue non già un itinerario terapeutico o un’evasione salvifica dai propri, insanabili, tormenti esistenziali, ma il racconto crudo dei medesimi attraverso argute allegorie caratterizzate dalla presenza degli amati animali: tigri, vipere, cani, mosche, api… Dichiarazioni appassionate, invero, di chi, nella vita di tutti i giorni, annegasse, al contrario, nel più torrido silenzio: quello, terribile, cagionato da coloro che, disprezzandoti, non ti rivolgono neppure una parola e, se lo fanno, è, questa, solo espressione di cattiveria, ingiuria, dileggio”.


Antonio Ligabue, Paesaggio agreste, 1955, Olio su faesite, 68.3 x 45.8 cm, Collezione privata

Per “El matt”, il matto, come Ligabue era stato soprannominato da adulto, “plasmare l’argilla, disegnare su fogli di carta tenuta nascosta come un tesoro oppure dipingere al cavalletto, guardando ossessivamente la propria immagine riflessa nello specchio vicino, livida dopo essersi ripetutamente colpito con un sasso il naso (affinché fosse più aquilino) o le tempie sanguinanti (per far uscire il Male che avvertiva lacerargli la mente), era l’unico modo per sottrarsi, almeno temporaneamente, alla propria, fatale, odissea terrena”.

La mostra è aperta da martedì a domenica dalle 10 alle 20 (ultimo ingresso alle 19).



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Stranieri Ovunque. Presentata la 60ª Mostra Internazionale d’Arte di Venezia – Venezia



Bordadoras de Isla Negra (Founded in Isla Negra, Chile, 1967 – 1980), Untitled, 1972), Tela ricamata, 230 × 774 cm | Foto: Nicolas Aguayo | Courtesy GAM | © Nicolas Aguayo e GAM

VeneziaStranieri Ovunque – Foreigners Everywhere è il titolo della 60ª Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia, al via il 20 aprile 2024 con pre-apertura il 17, il 18 e il 19 aprile: un inno alla multiformità dell’arte in ogni angolo del mondo, vista da quel Sud globale che il curatore brasiliano Adriano Pedrosa sente di rappresentare. Un’occasione per esplorare l’universo che si è sviluppato ai margini di un sistema ancora incentrato sull’Europa e sul Nord America, tra mille crisi e contraddizioni. E scoprire che, ognuno a modo suo, stranieri siamo tutti. Sarà la Biennale delle sorprese, degli outsider, degli artisti indigeni, queer, folk, autodidatti, e chi più ne ha più ne metta, annuncia Pedrosa, che al pubblico lagunare promette anche “tanta bellezza”. 

“L’espressione Stranieri Ovunque ha più di un significato”, ha spiegato il curatore durante la presentazione di questa mattina: “Innanzitutto, vuole intendere che ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono/siamo dappertutto. In secondo luogo, che a prescindere dalla propria ubicazione, nel profondo si è sempre veramente stranieri”. Per la sua storia e per il suo presente, Venezia sembra incarnare a perfezione l’idea. Ma all’origine del titolo della 60ª Biennale c’è una serie di sculture del 2004 del collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e basato a Palermo, dove sculture al neon di vari colori riportavano la scritta Stranieri Ovunque in 53 lingue. La ritroveremo negli ex cantieri navali delle Gaggiandre, all’Arsenale, in una nuova installazione su larga scala.


Claire Fontaine, Foreigners Everywhere (English), 2005, Tecnolux ultravioletto, vetro 10mm retroverniciato, struttura, trasformatore elettronico, cavi | Foto: Studio Claire Fontaine | © Studio Claire Fontaine | Courtesy Claire Fontaine e Galerie Neu, Berlino

Novanta partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni animeranno quella che gli organizzatori definiscono orgogliosamente la prima Biennale a “neutralità carbonica”, nonché la prima ideata da un curatore proveniente dall’America Latina e, come afferma lui stesso, “dichiaratamente queer”. Sono quattro Paesi al debutto assoluto in Laguna: Repubblica del Benin, Etiopia, Repubblica Democratica del Timor Leste e Repubblica Unita della Tanzania. Il Padiglione Italia, curato da Luca Cerizza alle Tese delle Vergini in Arsenale, presenterà il progetto Due qui / To hear dell’artista Massimo Bartolini, coadiuvato da musicisti e scrittori.

Ma al momento la curiosità è tutta per lMostra Internazionale curata da Pedrosa tra l’Arsenale e il Padiglione Centrale ai Giardini, privilegiando autori del tutto nuovi per la scena veneziana. Un viaggio in due tempi e 332 artisti, che al Nucleo Contemporaneo affiancherà un Nucleo Storico, popolato di dipinti, sculture e opere su carta realizzate tra il 1906 e il 1999. In primo piano, i modernismi del Sud globale, per scoprire storie alternative e “mettere in discussione i confini del modernismo”, con tre sezioni a scandire il racconto. In Ritratti osserveremo come la figura umana sia stata esplorata nei modi più svariati da questi artisti, proprio mentre in Occidente deflagrava la crisi della rappresentazione. Spesso si è trattato di riflessioni nate proprio dal contatto con l’arte moderna europea e statunitense, “divorato e metabolizzato” secondo il modello antropofagico di Osvald de Andrade che, da bravo brasiliano, il curatore cita.


Mohamed Chabâa (Tangier, Marocco, 1935 – Casablanca, 2013), Composition, 1974, Acrilico su tela, 94 × 220 cm | Foto: Maria e Mansour Dib | Courtesy Ramzi e Saeda Dalloul Art Foundation

Astrazioni, invece, vedremo 37 opere, tra le quali spicca “la straordinaria scuola di Casablanca”, racconta ancora Pedrosa: “un’astrazione diversa da quella europea, caratterizzata da forme organiche e curvilinee, colori vivaci…”. Qui artisti presentati insieme per la prima volta daranno luogo ad un dialogo imprevedibile, suggerendo parallelismi e rimandi inattesi. 
L’ultima sezione del Nucleo Storico sarà dedicata alla Diaspora italiana, con 40 artisti originari del nostro Paese di cui in molti casi abbiamo perso la memoria: artisti che nel XX secolo hanno viaggiato per il mondo integrandosi in nuove realtà, e spesso rivestendo un ruolo significativo nella diffusione del Moderno fuori dai suoi territori d’origine. Ne ammireremo le opere in eleganti espositori in vetro disegnati da Lina Bo Bardi, lei stessa italian trapiantata in Brasile.

Nucleo Contemporaneo presenta invece i protagonisti dell’arte della nostra epoca, caratterizzata da una varietà di espressioni e da specificità che resistono e, a volte, si radicano con più forza a dispetto di una realtà uniformante: artisti queer, indigeni, folk, outsider impegnati a lavorare sulla propria storia o su riflessioni di più ampio respiro, legate alla complessità multiforme e diseguale del vivere contemporaneo. “Gli artisti indigeni avranno una presenza emblematica”, annuncia il curatore: “Le loro opere accoglieranno il pubblico nel Padiglione Centrale, con un murale monumentale realizzato dal collettivo brasiliano Mahku sulla facciata dell’edificio, e nelle Corderie, dove il collettivo Maataho di Aotearoa/Nuova Zelanda presenterà una grande installazione”. 
Sempre alle Corderie troveremo una sezione speciale dedicata a Disobedience Archive, un progetto di Marco Scotini che dal 2005 sviluppa un archivio video incentrato sulle relazioni tra pratiche artistiche e attivismo. Attorno a questo tema si disporranno le opere di 39 artisti e collettivi realizzate tra il 1975 e il 2023, tra attivismi diasporici e disobbedienza di genere.


Erica Rutherford (Edinburg, United Kingdom, 1923 – Charlottetown, Canada, 2008), Self-Portrait with Red Boots, 1974, Acrilico su tela, 137.2 × 132.1 cm | © The Estate of Erica Rutherford | Courtesy of the Collection of Beth Rudin DeWoody

Due elementi inediti percorrono l’intera mostra curata da Pedrosa: la presenza constante del tessile in tutte le sue forme, per valorizzare l’artigianalità accogliendo finalmente tecniche considerate “straniere” dalla storia dell’arte, e i vincoli di sangue che legano tra loro alcuni artisti – genitori e figli, zii e nipoti, Maori, Yanomani, Guaranì, ma non solo – a sottolineare il valore di una trasmissione delle conoscenze fuori dai canali accademici.

Trenta Eventi Collaterali affiancheranno la Biennale 2024 in città, insieme a progetti speciali come la mostra di sculture in ceramica di Nedda Guidi, scomparsa nel 2015, presso la Polveriera Austriaca di Forte Marghera, o il progetto della brasiliana Beatriz Milhazes al Padiglione delle Arti Applicate, realizzato in collaborazione con il Victoria and Albert Museum di Londra, mentre i Leoni d’Oro alla carriera sono stati assegnati all’artista turca Nil Yalter (residente a Parigi) e alla brasiliana Anna Maria Maiolino, italiana di nascita.


Lorna Selim (Sheffield, United Kingdom, 1928 – Abergavenny, Wales, 2021) Unknown, 1958, Olio su tela, 83 × 70.5 cm | Courtesy Mathaf: Arab Museum of Modern Art | Foto: Hamad Yousef



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A Treviso il Futurismo di carta nei decenni dell’aeropittura – Treviso


Treviso – “L’arte dell’avvenire sarà potentemente pubblicitaria” preconizzava Fortunato Depero nell’incipit del Manifesto Futurista della Pubblicità.
E più volte, negli anni che precedono il secondo conflitto mondiale – quando, tra il 1930 e il 1940, il futurismo raggiunge i suoi vertici con l’aeropittura che, trasposta in grafica, esalta il volo e le imprese aviatorie, la vista dall’alto per riplasmarsi nell’avvicinamento al surrealismo – l’universo viene immaginato attraverso l’arte della pubblicità.
Sono anni in cui tanto la pittura quanto i manifesti riflettono il clima del momento, un’Italia che da paese agricolo si avvia ad accogliere un contesto industriale con l’industria aeronautica e quella automobilistica a farla da padrone. Le cronache pullulano delle imprese solitarie di aviatori italiani, i nuovi eroi popolari. Le ali italiane diventano la testimonianza evidente di uno stato nuovo, potente, protagonista della scena mondiale e cresce l’orgoglio nazionale, catalizzato dalla propaganda del regime fascista.
Tutte queste passioni, visioni, testimonianze di un’epoca di intensi fermenti saranno riproposte a Treviso. Al San Gaetano, il Museo Nazionale Collezione Salce, memoria storica della pubblicità in Italia, accoglie dal 1° marzo al 30 giugno la mostra Futurismo di carta. Immaginare l’universo con l’arte della pubblicità, curata da Elisabetta Pasqualin con la collaborazione di Sabina Collodel.


Umberto di Lazzaro, Crociera Aerea, 1933

Non era lontano il ricordo del dannunziano volo su Vienna del 1918 e nemmeno i mitici duelli di Francesco Baracca sui cieli del Montello. Per non parlare dell’impresa di Francesco De Pinedo, planato sul Tevere con il suo idrovolante Savoia Marchetti, accolto da Mussolini e da una folla festante, dopo aver raggiunto l’Australia, un’impresa in 80 tappe coprendo ben 55 mila chilometri sul mare o sui grandi fiumi. Fu lo stesso De Pinedo, pochi mesi dopo, a volare dall’Italia alle Americhe, in un viaggio andata e ritorno. E con lui il vicentino Arturo Ferrarin, protagonista del raid Roma-Tokyo e del primato del volo: 58 ore in circuito chiuso. Italo Balbo nel 1931 fu protagonista del “volo di massa” verso il Brasile, mentre nel ’33 fu la volta della Crociera aerea del Decennale, la trasvolata Roma-New York per festeggiare il decennale del regime.


Luigi Martinati, Crociera aerea del decennale, 1933

Artisti come Depero – che a Rovereto era cresciuto accanto al pioniere dell’aviazione Gianni Caproni – sono affascinati dall’esperienza del volo e dallo “spirulare” su città e campagne. Così lo sperimentano più volte ricavandone visioni nuove, allontanandosi dalle cose terrene, rinnovando la visione del mondo. I visitatore sarà invitato a cogliere questo slancio che, come anticipa la curatrice Elisabetta Pasqualin, “si evidenzia in pittura quanto nella grafica pubblicitaria”.
“Permangono i colori accesi e contrastanti che già erano in uso nella prima fase della grafica futurista, ma il lettering diventa meno predominante, partecipa ancora al movimento e alle linee presenti nel manifesto, ma torna anche ad essere corredo esplicativo delle immagini”.


Marcello Nizzoli, Fiat, 1930-1936

Aumenta il numero di manifesti incentrati sul tema del volo e delle manifestazioni aereonautiche. Accanto alle creazioni di Di Lazzari, Martinati, Garretto, l’esposizione propone il “Manifesto per l’esposizione aeronautica italiana”, opera del 1934 di Carla Albini, l’unica artista donna presente in mostra.
Il percorso vedrà riconfermarsi il binomio automobile-aereo, espressione di velocità e dinamismo. Macchine, scie di colore, linee a zig zag e a spirale, circuiti automobilistici avvolgeranno il pubblico accompagnandolo in un viaggio tra cielo, terra e acqua, tra motoscafi che sfrecciano depositando scie e spruzzi e le eliche di Codognato e Giuseppe Riccobaldi Del Bava. Anche il corpo in movimento, espressione di dinamismo, complice la spinta alle attività sportive come il nuoto, il tennis, il rugby, sbarca sui manifesti di Ottorino Mancioli e Gino Boccasile.
L’uomo Fiat di Nizzoli o il meccanismo antropomorfo di Enzo Forlivesi sono esempi di come la figura umana venga ancora interpretata in chiave di modernità per impersonare le continue novità dell’industria. Anche il volto umano, ora scomposto in chiave quasi cubista, ora geometrizzato o reso quasi un sogno, come nel manifesto per Illy Caffè di Xanti, diventa talvolta soggetto di affiche, proponendo una visione onirica, libera da suggestioni logiche.


Carla Albini, Esposizione aeronautica italiana, 1934

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Cézanne e Renoir a Milano. Anticipazioni di una grande mostra – Milano



Auguste Renoir, Femme nue dans un paysage (© 2024 RMN-Grand Palais / Franck Raux/ Dist. Foto SCALA, Firenze)

Milano – Uno era tenace e determinato, con un carattere spinoso, circondato da una rocciosa solitudine. L’altro, figlio di un sarto e di un’operaia, era amante dei pic nic e dei balli in campagna, affascinato dall’universo femminile dai capelli vaporosi e dalle bionde bagnanti.
Paul Cézanne e Pierre-Auguste Renoir condivisero un’amicizia matura, nata dopo i 40 anni, accomunati da tappe condivise e giovani insuccessi, uniti da un percorso parallelo e distinto al tempo stesso.
Entrambi trascorsero gli ultimi anni di vita tormentati da gravi malattie, nel caso di Renoir addirittura deformanti. Se Cézanne annunciava di voler morire dipingendo, l’amico e collega attraversò in maniera drammatica la prima guerra mondiale nella quale rimasero feriti i suoi due figli soldati, mentre lui, imprigionato su una sedia a rotelle da un’artrite progressiva, si vide da vecchio costretto a farsi legare i pennelli alle mani per ritrarre donne sorridenti tra la luce abbagliante della Costa Azzurra.

Adesso i due campioni della pittura, espressioni dell’antico e del presente, della tradizione e dell’innovazione, lontani e vicini al tempo stesso, si ritrovano a Palazzo Reale, a Milano, a 150 anni da quel 15 aprile del 1874 che, al 35 di Boulevard des Capucines, assistette a Parigi, nello studio di Gaspard-Félix Tournachon (noto come Nadar per l’abitudine che aveva di aggiungere la desinenza -dar al termine di ogni parola), alla nascita dell’Impressionismo.
Dal 19 marzo al 30 giugno l’avventura umana e artistica di questi due personaggi che hanno contribuito in maniera decisiva alle fortune dell’Impressionismo, influenzando le future generazioni di artisti, si racconta nella mostra Cézanne / Renoir. Capolavori dal Musée de L’Orangerie e dal Musée D’Orsay, a cura di Cécile Girardeau e Stefano Zuffi.


Paul Cézanne, Trois baigneuses (© 2024 RMN-Grand Palais / Hervè Lewandowski / RMN-GP / Dist. Photo SCALA, Firenze)

“Mentre nel 2024 festeggiamo i 150 anni del movimento impressionista, sono lieto di aprire le porte di Palazzo Farnese per presentare una mostra con la quale Francia e Italia si uniscono attraverso la passione comune per la cultura – ha detto Martin Briens, ambasciatore di Francia in Italia, nel corso della conferenza stampa di presentazione della mostra, svoltasi a Roma, a Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia -. Paul Cézanne, un nome predestinato che dicono provenga dal toponimo “Cesana”, non venne mai in Italia, ma la sua opera ha, nella luce della sua Provenza, molto della luce dell’Italia, e ha sicuramente ispirato grandi artisti italiani del Novecento. Renoir invece disse, dopo il suo viaggio di circa due mesi in Italia, di avere capito qui “che cos’è la pittura”, visitando tra l’altro Roma, Venezia, Napoli o Palermo”.

L’esposizione – una mostra di Palazzo Reale, Comune Milano – Cultura, Skira Arte, Museum Studio, in collaborazione con Musée de l’Orangerie e Musée d’Orsay, con il patrocinio di Ambassade de France en Italie – affiderà a 52 capolavori la missione di offrire uno spaccato del lavoro dei due artisti, dalle prime tele degli anni settanta dell’Ottocento alle prove più mature dei primi del Novecento. Si tratta dei capolavori riuniti dal mercante d’arte Paul Guillaume e, dopo la sua morte, dalla moglie Domenica, tutti conservati presso la sede prestigiosa del Musée de l’Orangerie di Parigi, affiancati da una selezione di opere dei due maestri provenienti dal Musée d’Orsay di Parigi e da due tele di Pablo Picasso.


Auguste Renoir, Jeunes filles au piano (© 2024 RMN-Grand Palais / Franck Raux/ Dist. Foto SCALA, Firenze)

“Renoir e Paul Cézanne – spiega la curatrice Cécile Girardeau – si affermano come due tra i più grandi maestri della pittura francese tra l’ultimo quarto del XIX e i primissimi anni del XX secolo. Già negli anni sessanta del XIX secolo, a Parigi, i due strinsero un’amicizia, mista ad ammirazione reciproca, che durò nel tempo. Ad esempio, tra il 1880 e il 1890, Renoir trascorse diversi periodi a casa di Cézanne nel sud della Francia. Molti sono i punti di contatto tra le opere dei due maestri. Paesaggi, nature morte, ritratti, nudi, così come le grandi bagnanti dipinte in età matura, sono stati campi di sperimentazione comuni per i due pittori. L’osservazione del modello e della natura, unita all’aspirazione di raggiungere un’essenza senza tempo, ha permesso a entrambi di incarnare una forma di modernità classica. Numi tutelari per le nuove generazioni di pittori, le loro opere hanno lasciato una eredità profonda nel XX secolo”.

E se Milano, come ha sottolineato Vittorio Sgarbi, diventa anche grazie a questa mostra, “un prolungamento di Parigi e della Francia tutta”, mostrando a Palazzo Reale l’universale stagione della modernità, la città si prepara ad accogliere 50 mostre per il prossimo triennio.
“Oltre un milione e trecentomila visitatori – ha spiegato l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Tommaso Sacchi – hanno raggiunto Milano per vedere le esposizioni ospitate in città, facendo registrare un incremento del 40%. Con questa mostra, grazie alla collaborazione con il Musée de l’Orangerie e il Musée d’Orsay di Parigi, raccontiamo i punti di contatto e le differenze tra due giganti dell’Impressionismo. Non ci siamo accontentati di un allestimento preconfezionato ma, grazie a un appassionato gruppo di lavoro, abbiamo voluto restituire al pubblico un qualcosa di unico”.

Partendo dai loro dipinti più noti e apprezzati, la rassegna seguirà le diverse traiettorie che i due autori seguirono lungo le rispettive carriere: più rigorosa e geometrica quella di Cézanne, più rotonda e armonica quella di Renoir.
Il percorso segnalerà i punti d’incontro di questi due itinerari, sviluppati in parallelo alla nascita di una sincera amicizia, iniziata già nel 1860, che sfociò in un’ammirazione reciproca, portando i due maestri a porsi interrogativi comuni e a coltivare un interesse condiviso per alcuni generi, come la natura morta, il paesaggio, il ritratto e il nudo.


Paul Cézanne, Portrait de Madame Cezanne (© 2024 RMN-Grand Palais / Hervè Lewandowski / RMN-GP / Dist. Photo SCALA, Firenze)

Questo dialogo tra l’opera di Cézanne e quella di Renoir incarna la naturale estensione dello scambio intrapreso dai due nell’atelier di Charles Gleyre all’inizio delle rispettive carriere. 

“Renoir e Cézanne – anticipa Sefano Zuffi – sono quasi coetanei: entrambi nati in provincia, ma con origini familiari e sociali molto differenti, partecipano alla fatidica mostra del 1874 che sancisce la nascita dell’Impressionismo. Inizia così una frequentazione che diventerà più avanti, nel decennio successivo, un’imprevedibile assiduità, un’amicizia tra due artisti ormai ultraquarantenni. Diversi per carattere, indole, stile e orizzonti esistenziali, Cézanne e Renoir si trovano tuttavia ripetutamente vicini, tra il 1883 e il 1889, con soggiorni condivisi e periodi di permanenza tra Provenza e Costa Azzura”.

Un allestimento, che segue un criterio tematico, consentirà di apprezzare la loro evoluzione stilistica che li guiderà verso soluzioni estetiche assai diverse, un dialogo in cui la calda espressività di Renoir si contrappone alla precisione analitica di Cézanne. I paesaggi come Paysage de neige di Renoir e Arbres et maisons di Cézanne sfileranno accanto alle nature morte, Fleurs dans un vase di Renoir, e Le Vase bleu di Cézanne. La sensualità delle pesche vellutate, delle fragole rosse, delle pere rosate, sature di sole e disposte su soffici tovaglie di Renoir, si contrappone ai frutti sodi che Cézanne circonda di nero ponendoli su tavoli spogli dagli spigoli netti. Se i ritratti di Renoir, come Claude Renoir en clown sono connotati da un’atmosfera di dolcezza, tenerezza,serenità, le figure di Cézanne – come le Portrait de Madame Cézanne – appaiono distanti e poco sorridenti, talvolta quasi astratte. Eppure, nonostante le differenze, i due hanno condiviso il medesimo destino, trasformandosi, ancora in vita, nei numi tutelari dei maestri che, nel corso del Novecento, hanno continuato a sviluppare e rielaborare il frutto della loro sperimentazione.


Auguste Renoir, Paysage de neige (© 2024 RMN-Grand Palais / Franck Raux/ Dist. Foto SCALA, Firenze)

A chiudere il percorso sarà una sezione che documenta l’impatto decisivo che Renoir e Cézanne ebbero sulla successiva generazione di pittori, attraverso il confronto con due dipinti di Pablo Picasso, Grande nature morte e Grand nu à la draperie.

La mostra, accompagnata da una pubblicazione Skira Arte, si avvarrà di programma didattico indirizzato alle scuole e alle famiglie.

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• Cézanne e Renoir, un dialogo tra giganti in arrivo a Milano



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Indennità di discontinuità: solo il 15% dei lavoratori dello spettacolo ne avrà diritto


In seguito all’approvazione del Decreto Legislativo n. 175/2023, dal 15 gennaio 2023 i lavoratori dello spettacolo possono richiedere l’indennità di discontinuità presso gli uffici dell’Inps. Introdotta in modo strutturale e permanente a partire dal 1° gennaio 2024, questa misura fornisce un sostegno economico ai professionisti del settore dello spettacolo, compresi lavoratori autonomi, subordinati a tempo determinato o intermittenti. Per richiedere l’indennità, i lavoratori dovranno presentare domanda online entro il 30 marzo di ogni anno, con requisiti basati sull’anno precedente. La normativa si applica a cittadini Ue e stranieri residenti in Italia da almeno un anno, con almeno 60 giornate di contribuzione al Fondo pensione lavoratori dello spettacolo, un reddito Irpef inferiore a 25.000 euro e senza altre misure di sostegno al reddito. L’indennità è concessa per un terzo delle giornate accreditate nell’anno civile precedente, fino a un massimo di 312 giornate annue.

Una misura che lascia l’amaro in bocca

Ma, nonostante l’importanza della misura e l’attesa che si è consumata attorno ad essa, quando il 30 novembre Palazzo Chigi ha approvato il Decreto Legislativo «Riordino e revisione degli ammortizzatori e delle indennità per l’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori del settore dello spettacolo», la categoria non è stata poi così soddisfatta definendola, nelle parole dell’attrice Debora Zuin, “un banale e inutile sostegno economico, quasi un bonus una tantum, che ha tradito così lo scopo primigenio”.

Quali sono dunque le questioni dello scontento?

La prima riguarda la copertura finanziaria prevista dal decreto: 100 milioni di euro per il 2023, 46 milioni per il 2024, 48 milioni per il 2025 e 40 milioni annui a decorrere dal 2026. Le cifre stanziate sono infatti calcolate sui cosiddetti lavoratori ‘emersi’ del mondo dello spettacolo con reddito lordo inferiore a 25.000, i quali rappresenterebbero meno del 15% della totalità dei professionisti operanti nell’ambito spettacolo dal vivo che secondo le ultime stime raccolte nell’ambito del rapporto Symbola «Io Sono Cultura 2023» sarebbero circa 160.000, mentre sarebbero 290.000 secondo l’INPS.

La seconda questione riguarda, invece, l’impianto filosofico della legge, che nelle parole del Sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, è stata definita “un provvedimento così attento e consistente”, ma anche una “misura strutturale e responsabile”.
Cosa vuol dire questa affermazione? Che discontinuità lavorativa è sistematica per il lavoro dello spettacolo dal vivo? Inoltre, così come evidenziato dalla Relazione annuale (2023) prodotta dall’Osservatorio Gestione Lavoratori dello spettacolo e sportivi professionisti dell’Inps, se la media lavorativa annua dichiarata dai lavoratori dello spettacolo è pari a 16 giorni lavorativi, almeno per gli attori che rappresentano comunque il gruppo professionale cui afferisce il maggior numero di lavoratori, di quale sostegno stiamo parlando?
Forse sarebbe stato più opportuno razionalizzare e codificare gli strumenti che migliorino il contesto di lavoro e favoriscano l’occupazione, prima ancora di pensare ad una indennità o anche trovare un modo per far ‘emergere’ il lavoro sommerso. Un pacchetto di strumenti era stato previsto dal parlamento nella Legge delega 106/2022, ma tardano i lavori dell’esecutivo.

Come commenta Antonio Taormina, analista culturale e docente di Progettazione e Gestione delle attività di spettacolo presso l’Università di Bologna: “oggi molti lavoratori dello spettacolo rientrano nella categoria dei working poors. L’introduzione dell’indennità di discontinuità rappresenta un segnale positivo, ma il provvedimento è decisamente perfettibile. È altresì necessario porre in atto misure atte a contrastare le cause della sottoccupazione dei lavoratori, tra queste, per lo spettacolo dal vivo, il disequilibrio territoriale e tra l’attività di produzione e la distribuzione degli spettacoli, laddove la prima non trova adeguato riscontro nella seconda. Così come si potrebbero introdurre forme di incentivazione all’occupazione, quale il riconoscimento di premialità alle imprese che perseguono obiettivi di qualità e continuità nei rapporti di lavoro. Ovviamente tutto questo si lega all’adozione di politiche culturali finalizzate alla crescita dei consumi, del numero degli spettatori, a partire dalla scuola”.



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Volumi d’affari in calo per Phillips nel 2023, ma non è l’unico problema


A fine dicembre il ceo di Phillips, Stephen Brooks, si è dimesso dopo quasi tre anni alla guida della casa d’aste. Durante il suo mandato la società controllata dal Mercury Group ha registrato un aumento del volume d’affari e ha ampliato la sua portata in tutto il mondo, anche in mezzo alle sfide che hanno caratterizzato questi ultimi due anni. Le dimissioni, che risalgono al dicembre scorso, secondo quanto affermato dalla casa d’asta, sono per motivi personali e a supervisionare la gestione dell’azienda subentrerà, nel frattempo, Edward Dolman, attuale presidente esecutivo e già amministratore delegato dal 2014 al 2021.

La crescita della società

Negli anni post pandemia Phillips, al pari di altre case d’aste, ha saputo cavalcare l’onda degli effetti positivi dello sviluppo tecnologico con un’offerta online molto vasta. Nel 2021 Phillips aveva registrato risultati in crescita in linea con il trend del momento: il volume d’affari aveva raggiunto 1,2 miliardi di dollari a livello globale, con un aumento del 32% rispetto al 2019, superando, per la prima volta, il miliardo di dollari. Stephen Brooks, direttore finanziario per 11 anni da Christie’s, iniziò ufficialmente il suo mandato nel settembre 2021. Nel 2022 il volume d’affari aumentò ulteriormente fino a raggiungere 1,3 miliardi di dollari, (+8% rispetto al 2021) con un incremento del 32% rispetto al livello pre-pandemico del 2019. Nel frattempo, sotto Brooks, Phillips ha potenziato la presenza in Asia, aprendo una nuova sede nel distretto culturale di West Kowloon a Hong Kong e anche in Italia è stata aperta una sede di rappresentanza a Milano. Nel 2023 ha riconfigurato le sedi principali, annunciando a dicembre di aver aggiunto specialisti in Asia, mentre a luglio, ha consolidato le sue operazioni a Los Angeles, dopo aver eliminato due posizioni regionali sulla costa occidentale. Inoltre, negli ultimi anni, Phillips aveva enfatizzato una strategia di introduzione di artisti agli esordi, i cosiddetti giovani talenti, attraverso le vendite «New Now», indicando i record stabiliti per questi giovani autori come un parametro chiave del suo successo e della crescente influenza nel settore. Nel 2023, Phillips ha fatto debuttare 123 artisti in altre vendite.

I conti del 2023

Nello scorso anno la situazione del mercato dell’arte, come per altri big del settore, non è stata brillante. Phillips non ha comunicato i dati e, secondo indiscrezioni stampa, dovrebbe aver realizzato 840,7 milioni di dollari di volumi d’asta, una cifra che segna un calo del 15% rispetto al totale dell’anno precedente, pari a poco più di un miliardo di dollari. Il risultato conferma un trend in calo già nel primo semestre, quando la casa d’asta aveva comunicato i risultati: il fatturato globale è stato di 453 milioni di dollari, in calo del 39% rispetto ai 746 milioni registrati nella prima metà del 2022.

Nel primo semestre 2023 le vendite all’asta sono state pari a 409 milioni di dollari con un calo del 31% rispetto ai 590 milioni di dollari registrati nello stesso periodo dell’anno precedente. Il dato del primo semestre 2023 è inferiore anche ai 452 milioni di dollari registrati nella prima metà del 2021. Nel corso dell’anno passato, le cinque opere più importanti vendute da Phillips, di artisti come Gerhard Richter e Fernand Léger, hanno fruttato complessivamente 87,6 milioni di dollari. Si tratta di un calo del 50% rispetto ai 173 milioni di dollari generati dalle prime cinque opere della casa nel 2022, quando due opere di Jean-Michel Basquiat e Yves Klein avevano fruttato da sole 126 milioni di dollari.

Profondo rosso nel Regno Unito

Per la casa d’aste la situazione è decisamente peggiorata tra il 2021 e il 2022. Secondo il bilancio e la relazione del consiglio di amministrazione della Phillips Auctioneers Limited, la casa d’aste ha evidenziato il raddoppio delle perdite in seguito all’aumento dei costi dei trasporti e delle consegne che hanno determinato nei conti del 2022 un’impennata dei costi del 25,7% a causa dell’inflazione, nonostante la crescita del volume d’affari, in presenza però di in un contesto di “rallentamento del mercato”, come si legge nella relazione alla gestione. A fine 2022 il volume d’affari delle aste era pari a 145,8 milioni di sterline (2021: 127,7 milioni di sterline), mente le private sale avevano raggiunto 62,8 milioni di sterline (2021: 31,0 milioni di sterline). Il margine di profitto lordo è diminuito dal 57% del 2021 al 53% del 2022 riflettendo “la maggior pressione sui ricavi dovuta alla natura altamente competitiva del mercato dell’arte”.



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In tempi difficili si annidano le opportunità


A fine 2023 si sono rincorsi dati statistici sulla contrazione delle vendite, in asta e in fiera, ma ha anche fatto notizia l’acquisizione di due tavole di Pietro Lorenzetti a oltre 4,7 milioni da parte di un collezionista americano di Contemporary Art da Tajan-Parigi. Il Report 2023 di Artprice (a giugno) ha constatato un rallentamento dei prezzi del contemporaneo rispetto al passato pur, comunque, in un contesto di crescita di 22 volte rispetto al 2000/2001.
I principali rapporti sul mercato dell’arte prodotti da Art Economics e da Art Tactic forniscono analisi su un contesto in cui le nubi, anticipate da pochi, non dovrebbero portare fuori rotta i navigatori più esperti. Inflazione e fronti di guerra sono all’origine della cautela emersa dopo la ripresa post-pandemica. Nel campione analizzato da Art Economics il 77% dei collezionisti è fiducioso e la spesa media dei collezionisti più ricchi censiti (HNW) è rimasta uguale al 2022. Servono dunque lenti più potenti per interpretare in modo corretto la congiuntura, in cui non manca un collezionismo nuovo ed attivo. E si arriva ad una domanda: è proprio in tempi difficili che si annidano le opportunità? Anche per artisti e piccoli collezionisti?

L’esempio dei collezionisti del Brooklyn Museum

Non occorre inseguire il superquotato Contemporary, in assestamento sui prezzi, o il blu Fancy Vivid, lo straordinario diamante Bulgari da 11,16 carati aggiudicato a 25 milioni, né il ritratto di Marie-Thérèse Walter di Pablo Picasso venduto a 139,4 milioni, record 2023 di Sotheby’s, per fare un buon investimento . Per intercettare asset alternativi ad investimenti più volatili od aridi, si può comprare arte, con la consapevolezza che il suo “rendimento” potrà essere differenziato, dal breve al medio/lungo termine, combinando piacere e convincimento, estetico e monetario. È successo e succederà ancora.

Claude Monet (1840–1926), «Palazzo del Parlamento, effetto della luce solare», 1903

Lo mette in luce la costituzione di patrimoni collezionistici raccolti a cavallo della depressione del 1929, tra Europa ed Stati Uniti, testimoniata dalla mostra del Brooklyn Museum di New York aperta a Palazzo Zabarella di Padova (fino al 12 maggio 2024). Nacque nel 1897 quello strano museo orientato al Modernismo, ovvero a cose che pochissimi in Europa volevano davvero pagare, arricchito – come il più celebre Metropolitan Museum – dai lasciti del neo-collezionismo americano. Da fine Ottocento, gli esponenti di un mondo industriale in rapido cambiamento, come il re dello zucchero Henry Havemeyer con la moglie Louisine, si misero a comprare artisti recenti piuttosto che gli Old Masters delle famiglie britanniche e toscane, contesi da ricchi galleristi come Joseph Duveen e Michael Knoedler, agenti dei magnati di acciaio e ferrovie H.C.Frick, A.Mellon e J.P. Morgan.

Claude Monet (1840–1926) «Marea crescente a Pourville», 1882

Mercanti e dinamica dei prezzi

Negli anni Venti del Novecento occorreva audacia per scegliere gli artisti moderni. Una volta saliti i prezzi, ad esempio degli Impressionisti, con mercanti come Ambroise Vollard e Paul Durand-Ruel, anche i musei non avrebbero più potuto rincorrerli. Ma i nuovi collezionisti, viaggiando molto in Europa e frequentando Esposizioni Internazionali come quella di Parigi del 1900, potevano conoscere mercanti ed artisti fuori delle ristrette cerchie degli appuntamenti ufficiali dei Salons. O ricomprare quello che i piccoli collezionisti europei della prima ora avevano acquisito coi loro ben più limitati mezzi. La successiva grande fortuna dei “French Moderns” e delle avanguardie europee da Gustave Courbet a Joseph Fernand Henri Léger, tra cui Berthe Morisot e Giovanni Boldini, fu costruita con mostre estere come quella del Brooklyn Museum del 1921. Oltreoceano seguì l’ondata di post-impressionisti, fauves e cubisti promossi da Bernheim-Jeune, Daniel-Heinrich Kahnweiler e altri. All’inizio, anche loro in Europa non prendevano piede sul serio. Modigliani, de Chirico e Picasso, ad esempio, furono comprati da personaggi come il chimico di Philadelphia Albert C. Barnes, con la moglie Laura, senza sapere che stavano contribuendo a cambiare il gusto del Nuovo come del Vecchio mondo. Donarono al Brooklyn anche magnifici dipinti di Pierre-Auguste Renoir, Chaïm Soutine, Henri Matisse. Erano i rappresentanti di un paese proiettato verso il futuro.



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