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Effervescente solo il primo semestre. Guerre, inflazione e tassi rendono più prudenti

Effervescente solo il primo semestre. Guerre, inflazione e tassi rendono più prudenti


La guerra in Medio Oriente nel secondo semestre ha disorientato diversi compratori e rallentato vendite e consegne. È una fase guardinga con un’attenzione al contesto economico e politico internazionale: due durissimi e divisivi scontri bellici tengono il mondo col fiato sospeso e gli alti tassi d’interesse determinati dall’inflazione non sono un incentivo ai consumi, nonostante ciò il comparto d’asta dimostra una buona tenuta. Emerge dall’indagine che Arteconomy conduce a bilancio d’anno sul venduto delle case d’asta presenti in Italia. Quest’anno ha fotografato il giro d’affari (comprese le private sale per chi le fa, ad eccezione per Sotheby’s e Christie’s) di 23 società su 44 contattate: il primo semestre è stato più effervescente del secondo, regalando la maggior parte dei top lot. I valori aggiudicati sono cresciuti per 15 case d’asta. A doppia cifra per Art-Rite, Capitoliumart, Czerny’s, Finarte, Maison Bibelot. Mentre l’anno è stato in leggero calo per quattro player – Blindarte, Farsettiarte, Pandolfini, Ansuini 1860 aste – con contrazioni a doppia cifra per Christie’s, Colasanti, International Art Sale, Cambi, che attribuiscono la perdita di valore al difficile contesto macro economico.

I top lot battuti in asta in Italia nel 2023

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Chi vince

Risale dalla quarta posizione del 2022 alla prima Aste Bolaffi grazie al dipartimento di Numismatica (primo assoluto con 9,1 milioni di € di vendite) e al buon andamento dell’arte moderna e contemporanea – dove troviamo il top lot di Boetti – e dei gioielli. Per 11 case il dipartimento a maggior aggiudicato è proprio quello di arte moderna e contemporanea. Sotheby’s ha venduto cinque opere oltre 1 milione (tre Fontana e due Morandi). Salvo ha inanellato ottimi prezzi un po’ dovunque, con una forte domanda anche dai mercati internazionali, molto richiesti i maestri di fine Ottocento e di tutto il Novecento da Medardo Rosso a Depero, da Savinio a Balla e Boccioni, da Morandi a Fontana, Schifano e agli artisti di Piazza del Popolo. Hanno sofferto, invece, Boetti e Scheggi. Ma ci sono anche sorprese come per il protagonista dell’espressionismo astratto rumeno Ion Tuculescu con il record da 134.400 € da Bertolami Fine Art. Nell’arte ci si focalizza su aree inedite come l’Est Europa e l’Africa e l’Oriente. Nell’ultra contemporaneo l’emergente Art-Rite ha messo a segno l’incremento più alto dell’analisi più che triplicando il giro d’affari (acquisita di Kruso Kapital spa, controllata del Gruppo Banca Sistema). A dimostrazione che in banca l’arte è un business che rende: 2.205.820 di aggiudicato d’asta (+84,24%) più altri 2.137.172 in trattativa privata (+197,45%). A far crescere il giro d’affari il servizio di art lending Art-Kredit e il grande interesse per il format 4-U new Arte Contemporanea dove sono state aggiudicate opere di Roccasalva, Pivi, Gennari e Fratino.

NEL 2023 ARTE E GIOIELLI I PREFERITI IN ASTA

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Settori sugli scudi

In gran recupero è l’antico – Sotheby’s dopo più di dieci anni è tornato con un incanto da 4,2 milioni di € –, settore a più alto aggiudicato per Wannenes, Bertolami Fine Art, Boetto e Babuino. «Nell’antico il valore culturale dell’opera, la sua qualità e lo stato di conservazione sono le discriminanti che più contano per il successo della vendita» spiega Sonia Farsetti, presidente dell’Associazione Nazionale Case d’Asta e del Gruppo Apollo, che ipotizza per l’Ottocento e il periodo a cavallo col Novecento un riallinearsi delle quotazioni ai valori storico artistici. Compito che hanno in serbo anche Pandolfini e Il Ponte con il cross collecting e la rivalutazione di Ida Donati ( allieva di Casorati). «Gli Old masters sono ora una vitale nicchia di mercato di respiro fortemente internazionale – conferma Giuseppe Bertolami, amministratore unico di Bertolami Fine Art –, che regala grandi soddisfazioni, fortissima attenzione alle opere delle donne: il nostro top lot è un piccolo rame attribuito ad Artemisia Gentileschi venduto a 311.150 €». Hanno rappresentato ancora un bene rifugio gioielli e orologi (sebbene questi ultimi in leggera flessione), settore a più alto giro d’affari per quattro case e secondo settore per moltissime società. I più richiesti sono le grandi maison come Cartier, Van Cleef & Arpels, Gianmaria Buccellati, Tiffany & Co., Janesich. Il design, primo settore per Cambi, ha in corso una leggera flessione.

La tecnologia poi rappresenta per Finarte, Pandolfini, Meeting Arte e Il Ponte una chiave di volta per migliorare le interazioni online con l’utenza. Rossella Novarini, direttrice de Il Ponte racconta che i report post-asta raggiungono vette di oltre 10mila letture digitali e 100mila visualizzazioni i cataloghi web. Insomma tantissimi gli acquirenti privati che si accostano direttamente a questo acquisto.

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Previsioni

Intanto il mercato si sposta: dalla Russia all’Europa dell’Est e dalla Cina all’India e al Sud est asiatico, fermo restando che i paesi stranieri d’acquisto restano States, Francia e Regno Unito. Si moltiplicano i dipartimenti di filatelia, vini-distillati e fashion vintage (Art Rite), Comics (Capitoliumart) e si rafforzano gioielli e orologi e l’arte da tavola (Farsetti). Nel 2024 apriranno nuove sedi Finarte (torna in via dei Bossi), Il Ponte (via Medici del Vascello a Milano), Wannenes (Torino) e nuovi servizi come la consulenza legale da Bertolami. «Bisognerà attendere le prime aste dell’anno per capire se il “raffreddamento” percepito a dicembre è solo frutto del momento o se sarà il trend del 2024» conclude Angelo Martini. Secondo Pandolfini continuerà ad essere difficoltosa la reperibilità di opere di qualità elevata e, di conseguenza, i prezzi tenderanno a crescere. Non ci saranno variazioni per il mercato medio-basso, ove invece l’offerta è elevata e molto variegata.



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Una ballata per Genova tra sacro e profano. Al via la winter edition dei Rolli Days - Genova

Una ballata per Genova tra sacro e profano. Al via la winter edition dei Rolli Days – Genova


Genova – Un’autentica ballata per Genova, tra sacro e profano, che trae ispirazione dai contrasti sociali, urbani, artistici della città tra Cinque e Seicento, ma anche dai versi di Fabrizio De André, a 25 anni dalla scomparsa, dà il via alla prima edizione invernale dei Rolli Days.
La città nella quale un ristretto gruppo di famiglie governava una massa d’individui poverissimi, dove accanto alle monumentali vie dell’aristocrazia si insinuavano le strade più umili, accoglierà la Rolli Days Winter Edition 2024 dal 19 al 21 gennaio.
La kermesse, che ha già registrato oltre 15mila prenotazioni, mentre è atteso un flusso tra i 60 e i 70mila visitatori, sarà un suggestivo sposalizio tra il bellissimo e il terribile, tra la meraviglia dei palazzi riconosciuti patrimonio Unesco e i tesori delle chiese antiche, inserite per la prima volta nel medesimo percorso di visita.

Questa edizione dei Rolli Days, caratterizzata da numerosi eventi collaterali, infiammerà le piazze del centro storico attraverso i testi del cantautore genovese, a conferma dell’identità dei Rolli, evento trasversale che riversa la storia nel presente, affiancando all’arte figurativa di affreschi e dipinti l’arte performativa della musica e del teatro.


Basilica di Santa Maria Assunta di Carignano | Foto: © Fabio Bussalino | Courtesy Comune di Genova

“I contrasti, il bianco e nero, le conflittualità anche forti sono una delle anime di questa città e della sua vitalità, a volte brutale – commenta Giacomo Montanari, storico dell’arte dell’Università di Genova e curatore scientifico dell’evento – così come rappresenta una costante la contrapposizione tra spazio pubblico (quello delle chiese, soprattutto durante il Cinque e il Seicento) e spazio privato (i palazzi dell’aristocrazia). Eppure, il linguaggio dell’arte è in grado di fondere queste opposte spinte, costituendosi come ideale spazio di mediazione: lo ha fatto con le opere d’arte rinascimentali e barocche, con le narrazioni dei viaggiatori dell’Ottocento e, infine, con la musica e le parole di Fabrizio De André”.

Fortemente legati all’identità del territorio, i Rolli invernali avranno come tema portante di questa edizione, “il sacro e il profano”, con la possibilità di scoprire oltre 35 spazi tra chiese e palazzi. I divulgatori scientifici, giovani professionisti specializzati nel racconto consapevole di uno dei patrimoni di maggior rilievo storico e culturale italiano, contribuiranno per un intero week end a popolare i Palazzi nel cuore della città, ma anche gli edifici in aree meno interessate dagli eventi culturali.


Palazzo Imperiale, facciata | Foto: © C.A. Alessi | Courtesy Comune di Genova

Attraverso un tour di visita costruito ad hoc e che lega i palazzi alle canzoni di De André, si potrà andare alla scoperta di Palazzo Balbi Senarega, oggetto di un recente restauro, di Palazzo Antonio Doria Spinola, di Palazzo Tobia Pallavicino o di Palazzo Nicolosio Lomellino, solo per citarne alcuni, ma anche delle chiese, come San Benedetto al Porto. A questa è ecclesialmente legato Don Andrea Gallo, una delle relazioni amicali e ideologiche più salde e fruttuose nella vita di De André. Durante i Rolli Days si potrà salire sulla cupola della Basilica di Carignano, perla che coniuga il grande Rinascimento con il grande Barocco, e che accolse nel 1999 i funerali del cantautore genovese, o ancora si potrà visitare la Chiesa di Santa Maria di Castello.

Le canzoni e le novelle raccontate dal cantautore genovese saranno una guida utile a raccontare suoni e personaggi del centro storico monumentale di Genova, i suoi Palazzi e i suoi spazi più significativi. Sulle note de La canzone di Marinella, dedicata a una Maddalena moderna, estremamente terrena, che grazie alle parole di Fabrizio De André assume l’aura di una donna celeste, i visitatori varcheranno il portone di Santa Maria Maddalena. Questa chiesa, all’ombra dei grandi palazzi di Strada Nuova, alle spalle delle preziose sedi del potere cittadino, sorge nel cuore del quartiere che più di tutti rappresenta questa ambiguità tra la profanità dell’amore libero e la sacralità di affreschi e opere d’arte.


Palazzo Antonio Doria – Prefettura – Salone | Foto: C.A. Alessi | Courtesy Comune di Genova

“Ora che è morto la patria si gloria, Di un altro eroe alla memoria, Ma lei che lo amava aspettava il ritorno, D’un soldato vivo, d’un eroe morto che ne farà”. Sono i versi de La ballata dell’eroe, che racchiudono il controsenso di un eroe morto in guerra e glorificato dalla patria e della sua amata, che ne aspettava il ritorno e che non riesce a celebrarne l’onore militare. In questa marcata dicotomia si inserisce l’iconografia affrescata nel salone del piano nobile di palazzo Spinola Gambaro, dove Domenico Piola ritrae L’offerta a Giove delle chiavi del tempio di Giano, la massima rappresentazione dell’auspicato inizio di un’era di pace e prosperità per la città.

Anche questa edizione dei Rolli Days prevede numerosi eventi collaterali, tutti a ingresso gratuito. Da non perdere la passeggiata promossa da Viadelcampo29rosso lungo la strada nel cuore della Città Vecchia, resa celebre dal brano di Faber uscito nel 1967. I partecipanti percorreranno la Via del Campo apprendendone la storia in relazione alla canzone di De André e compiendo un viaggio a ritroso nel tempo per scoprire la vita ai tempi di Faber.
Tra le proposte, la visita guidata nel cantiere di restauro degli affreschi di Valerio Castello, visibili per la prima volta da una nuova prospettiva, nella chiesa di San Martino di Albaro (sabato 20 gennaio dalle 11 alle 16). O ancora l’esposizione temporanea allestita presso Villa Duchessa di Galliera, intitolata “Sacro e Profano”, attraverso lo sguardo dei grandi pittori genovesi.

Per visitare i siti aperti in occasione dei Rolli Days è necessaria la prenotazione al sito ufficiale dei Rolli Days. 
Info e programma sul sito Visitgenoa.

 Leggi anche:
• Rolli Days “Sacro e profano” – Ballata per Genova
• I Palazzi dei Rolli: un sito Unesco per valorizzare la città



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A Roma una pioniera della street photography. Hilde Lotz Bauer in cento scatti - Roma

A Roma una pioniera della street photography. Hilde Lotz Bauer in cento scatti – Roma



“Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer” | Courtesy Zetema

Roma“Con la sua Leica al collo è stata una delle pioniere della fotografia di reportage: non solo le foto di Scanno, ma le molte altre scattate in Italia rivelano uno sguardo personale che ritrae il quotidiano con occhio attento e sensibile”.
Scriveva così Gianni Berengo Gardin di Hilde Lotz-Bauer, pioniera della fotografia di strada che ha restituito immagini uniche della gente comune nell’Italia degli anni Trenta, assieme ai luoghi e ai tesori artistici del belpaese, immortalati con sguardo libero.
Circa cento fotografie dall’archivio Hilde Lotz-Bauer di Londra, dai due Istituti Max Planck per la Storia dell’arte – la Bibliotheca Hertziana di Roma e il Kunsthistorisches Institut a Firenze – e dalla collezione del fotografo Franz Schlechter a Heidelberg, guidano il percorso espositivo che dal 17 gennaio al 5 maggio accoglierà gli ospiti del Museo di Roma in Trastevere. All’interno della mostra intitolata Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer, a cura di Federica Kappler e Corinna Lotz, figlia di Hilde Lotz-Bauer, promossa da Roma Capitale e organizzata dall’Archivio Hilde Lotz-Bauer, le stampe create dal sapiente occhio della fotografa tedesca saranno esposte insieme per la prima volta.


“Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer” | Courtesy Zetema

La mostra presenterà l’opera complessiva della fotografa realizzata tra il 1934 e il 1943 mettendo a confronto i due cardini della sua produzione: le commissioni per gli storici dell’arte e la fotografia di reportage e lo sguardo di storica dell’arte e di fotografa.
Sposata prima Degenhart e poi Lotz, Hilde sviluppò un personale sguardo artistico nel corso del suo primo soggiorno in Italia, tra il 1934 e il 1943, durante il quale si innamorò del belpaese. In particolare amò perdutamente Roma, città che sentì come la sua vera casa e il cui cimitero acattolico conserva oggi le memorie.
Hilde vi era arrivata alla fine del 1934, al termine della formazione alla scuola di Monaco come fotografa, dopo aver conseguito il Dottorato in Storia dell’arte. A portarla nella città eterna, che raggiunse dopo aver lasciato la sua terra natale mentre il nazionalsocialismo prendeva potere, era stata una borsa di viaggio presso la Biblioteca Hertziana. La sua carriera inizia fotografando disegni per il suo primo marito, studioso di disegno italiano.
Solo in seguito la sua fotografia accompagnerà le ricerche di numerosi storici dell’arte. Il percorso al Museo di Roma in Trastevere accoglierà anche le immagini del progetto sui Castelli di Federico II nell’Italia meridionale, diretto dallo storico dell’arte Leo Bruhns, accanto a una selezione di scatti per il progetto sull’urbanistica fiorentina.
Hilde fu l’unica fotografa professionista a lavorare presso gli Istituti storici di Roma e Firenze, realizzando impeccabili immagini di disegno, scultura, architettura, urbanistica.


“Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer” | Courtesy Zetema

Spinta da progetti su commissione, oltre che dal puro piacere di scoperta, percorse quasi tutta l’Italia, da nord a sud, catturando con la sua piccola Leica la vita nelle città e nelle zone rurali, cogliendo con discrezione l’umanità che abitava questi territori nel Ventennio fascista.
Riscopriamo così la vita durante le occasioni di festa in Abruzzo. Le donne ritratte nella serie su Scanno, strette nei loro costumi realizzati a mano, assomigliano a opere d’arte viventi. Hilde infatti curava attentamente la composizione estetica al punto da trasformare i suoi reportage in un monumento artistico.

Alla fine degli anni Settanta le fotografie di Hilde sbarcarono per la prima volta a Firenze, Bonn e Londra, dove riscossero un buon successo da parte della critica.
Nel 1993 il fotografo Franz Schlechter restaurò e stampò 80 immagini scattate con Leica per una personale al museo Reiss di Mannheim.

La mostra si potrà visitare dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.

 Leggi anche:
• Hilde in Italia. Arte e vita nelle fotografie di Hilde Lotz-Bauer



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Il Maestro di san Francesco e lo stil novo del Duecento umbro si svelano in una mostra a Perugia - Perugia

Il Maestro di san Francesco e lo stil novo del Duecento umbro si svelano in una mostra a Perugia – Perugia


Perugia – Uno degli artisti più importanti (e misteriosi) del Duecento si racconta in una mostra attesa in primavera alla Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia.
L’iniziativa, intitolata Il Maestro di San Francesco e lo stil novo del Duecento umbro, curata da Andrea De Marchi, Emanuele Zappasodi e Veruska Picchiarelli, e attesa dal 10 marzo al 9 giugno, coincide con le celebrazioni per gli 800 anni dall’impressione delle stigmate a san Francesco.

Il percorso, dedicato al pittore attivo in Umbria tra il 1260 e il 1280, misteriosa figura che deve il nome alla tavola con l’effigie del santo dipinta sulla stessa asse su cui spirò, conservata a Santa Maria degli Angeli ed eccezionalmente esposta nella mostra perugina, vedrà riuniti per la prima volta 60 capolavori provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali, dal Louvre di Parigi alla National Gallery di Londra, dal Metropolitan Museum di New York alla National Gallery di Washington.


Maestro di San Francesco, Croce dipinta, 1272, particolare

Primo pittore ingaggiato nella basilica di San Francesco, stilisticamente vicino ai modi di Giunta Pisano, probabile suo maestro, dal quale riprese la finezza compositiva, esasperata da accentuazione espressive definite addirittura “teatrali”, il Maestro di San Francesco brillerà alla Galleria nazionale dell’Umbria che conserva il 60% delle sue opere su tavola. Il percorso si estende al ciclo con Storie del Cristo e storie di san Francesco messo a punto dal pittore nella chiesa inferiore della Basilica di Assisi, anche in virtù dell’accordo di valorizzazione che lega il Sacro Convento al museo perugino.

La figura di questo pittore, del quale si conosce ancora poco, si inserisce in un secolo, il Duecento, di grandiosi cambiamenti sociali, economici, culturali. L’Umbria fu la regione che meglio seppe trasformare in energia positiva lo scossone provocato dalla nascita degli ordini mendicanti, in particolare francescano. L’Umbria e Assisi divennero il nuovo fulcro nel sistema delle arti europee, dove furono create alcune delle opere pittoriche più singolari dell’epoca. Proprio al Maestro di San Francesco i frati minori si rivolsero, dapprima per lavorare alle vetrate della chiesa superiore della Basilica, a fianco di maestri tedeschi e francesi, quindi per decorare l’intera chiesa inferiore.
Fra mille fregi diversi, il Maestro, nella navata ad aula unica, incastonò il primo ciclo delle storie di Francesco, raccontato in parallelo con quelle di Cristo, secondo le indicazioni di Bonaventura da Bagnoregio, allora generale dell’ordine.


Maestro di San Francesco, Croce dipinta, 1272, particolare

In occasione della mostra a Perugia sono stati acquisiti rilievi con laserscanner 3D sulle pitture murali della chiesa inferiore di Assisi, per restituire virtualmente, attraverso una ricostruzione digitale, l’assetto del ciclo dipinto verso il 1260, gravemente modificato a causa dell’apertura delle cappelle laterali.

Il percorso espositivo alla Galleria nazionale dell’Umbria avrà come fulcro la Croce datata 1272, proveniente dalla chiesa perugina di San Francesco al Prato, uno dei pezzi più importanti del museo. I curatori cercheranno di offrire una documentazione articolata e sistematica dell’intera produzione pittorica in Umbria negli anni di attività del Maestro di San Francesco, dalla metà del secolo all’avvio del cantiere pittorico della chiesa superiore della Basilica di Assisi con papa Niccolò IV. Emblematico punto di partenza sarà l’opera umbra di Giunta Pisano, mentre il pubblico avrà anche la possibilità di apprezzare i lavori del probabile Gilio di Pietro da Pisa, attivo a Siena e Orte verso la metà del secolo.

Accanto al Maestro di San Francesco saranno ricostruite le figure di comprimari come il Maestro delle Croci francescane e il Maestro della Santa Chiara, grazie all’eccezionale presenza della pala proveniente dalla Basilica della santa, e della croce dipinta del Museo Civico Rocca Flea di Gualdo Tadino. La produzione del Maestro del Trittico Marzolini testimonierà invece la straordinaria varietà di opere e artisti dell’Umbria del secondo Duecento, osservatorio privilegiato per comprendere i fitti scambi che in quegli anni caratterizzarono le rotte del Mediterraneo, tra la Terra Santa e l’Italia centrale. Quest’ultima fu la culla del francescanesimo e di quei rivolgimenti artistici epocali che non si potrebbero immaginare senza il clima sviluppatosi nella Basilica di San Francesco.



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Fatalitàlia o la leggerezza della coincidenza come antidoto al caos - Venezia

Fatalitàlia o la leggerezza della coincidenza come antidoto al caos – Venezia



Luca Clabot, Incontro luce, Dettaglio, Fatalitàlia, Galleria Michela Rizzo, Venezia | Foto: Piero Muscarà | © ARTE.it

Venezia – Se a Venezia l’espressione “fatalità” rimarca il fortuito coincidere di eventi e traiettorie apparentemente slegati tra loro, lasciando emergere logiche inattese che articolano inediti collegamenti, essa costituisce anche l’ineludibile cifra con cui avvicinarsi all’opera di Luca Clabot. La crasi di tale espressione con “Italia”, FATALITÀLIA, titolo della sua ultima personale veneziana inaugurata ieri alla Galleria Michela Rizzo alla Giudecca, trascende così la mera assonanza fonetica, per riecheggiare la frase di Massimo D’Azeglio “Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”, che per oltre un secolo rappresentò l’invito programmatico a costruire un’unità non solo geopolitica, ma di una popolazione che fosse in grado di oltrepassare le proprie diversità e divisioni interne riunendosi in un comune sforzo condiviso.

Tale richiamo storico appare evidenziato dal successivo accostamento tra l’invocazione romantica di Garibaldi “o si fa l’Italia o si muore” e il contrasto con il suo anagramma d’artista “e sia, muoio fra l’alitosi”, a misurare la distanza tra l’ideale risorgimentale e la pestifera realtà circostante. Se l’unità degli italiani pare oggi raggiunta soprattutto nelle cattive abitudini (non solo alimentari), non resta che invocare (“e sia”) la tragica alternativa, trasfigurando l’originale promessa di una morte eroica nell’ingloriosa fine per i fetenti olezzi. Insomma, lo stesso respiro che per gli Antichi era il sacro alito della vita, è oggi soffocato dalle pervasive conseguenze di un nutrimento spirituale sbagliato.


Luca Clabot, Viaggio in Italia tra 500 e 600, Fatalitàlia, Galleria Michela Rizzo, Venezia | Foto: Laura Bellucci | © ARTE.it

Tale concetto è ampiamente declinato nella serie di sapienti accostamenti tra pagine tratte da Gli amici di Topolino e incessanti notizie di casi giudiziari celati dietro un’apparente normalità, o ancora nel Viaggio in Italia tra 500 e 600, dove il calembour tra antico e moderno prende la forma di un’intera sala di cartoline anni sessanta e settanta, raccolte e messe in sequenza dall’artista a documentare le innumerevoli bellezze storiche e paesaggistiche di un Paese che, uscendo dalla rovinosa miseria della Seconda Guerra Mondiale, si affacciava speranzoso alla nuova libertà automobilistica promessa a tutti dalle utilitarie Fiat.

Cosa è avvenuto delle speranze e delle promesse di libertà di quel secondo dopoguerra che mediavano le aspirazioni della generazione silenziosa emersa dalle rovine del conflitto (insieme alla nuova generazione dei loro figli, allora bambini) con l’austera antichità di contesti urbani sui quali iniziavano ad affacciarsi la speculazione edilizia e gli albori del consumismo?

Come è potuto accadere che quegli stessi bambini lettori del fumetto americano negli anni del miracolo economico siano divenuti i protagonisti di tanti episodi di corruzione e violenza in un’infamante quanto ripetitiva cronaca alla quale siamo ormai assuefatti?

La risposta è forse nella superlativa coincidenza individuata da Clabot, Incontro Luce, l’opera più emblematica e impressionante dell’intera esposizione. Una pagina d’enciclopedia fine anni sessanta mostra un’esplosione nucleare che, vista appunto in controluce, risulta tragicamente sovrapporsi all’Assunzione di Maria del Tiziano (custodita nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia) della pagina seguente, come se la Vergine Assunta emergesse dallo stesso fungo atomico insieme alla nuvola dei cherubini. Uranium Titianum (Incontro luce) sottolinea Clabot che, anche nel presentare le opere, non perde occasione per rivelare, attraverso coincidenze fonetiche e verbali, nuove possibilità di un senso compiuto. Traslando suoni, parole e numeri, anche le date delle due ricorrenze qui evocate (rispettivamente il 6 e il 15 agosto), sono permutate in un “quindi-ci-sei” ad affermare l’inquietante correlazione tra trascendenza e ordine geopolitico post-nucleare.


Luca Clabot, Pagine bianche, Fatalitàlia, Galleria Michela Rizzo, Venezia | Foto: Laura Bellucci | © ARTE.it

Pagine bianche richiama la nostra attenzione mediante una serie di pubblici avvisi alla popolazione italiana, dove l’artista ricostruisce le statistiche di diverse serie di selezionati cognomi, tra le quali spiccano quelli che corrispondono ad un numero con le relative occorrenze, facendoci osservare la curiosa frequenza che unisce nomi e numeri, o il Conto presentato al popolo italiano, in cui Clabot seleziona quei cognomi che coincidono con portate e pietanze di un abbondante pasto completo, o ancora quelle degli italiani il cui cognome coincide con le nazionalità di tanti migranti, principalmente extraeuropei, che hanno rimpolpato la crollante demografia italiana, identità oggi strumentalmente manipolate da “politici” populisti in senso nazionalistico.

A fronte di tanta alitosi, Clabot fa idealmente appello alla generazione dei baby boomer, suoi contemporanei, invitandoci sommessamente a metterci in ascolto della realtà oltre il frastuono mediatico con un’intera parete tappezzata di padiglioni auricolari, riconoscendo anche nel rumore circostante la possibilità di ritrovare attraverso il gioco linguistico e l’archeologia documentale un senso poetico del mondo, insieme antico ed attuale, dotato di leggerezza e intelligenza, divertente senza rinunciare alla consapevolezza politica del presente.

Immagini, sculture, performance e calembour divengono così altrettante occasioni per rivelare le infinite coincidenze che costellano il caos, giocando attraverso i rimandi tra suoni e senso, tra parole e numeri, in ideale prosecuzione di quella linea di ricerca artistica che dal Movimento futilista, convissuto insieme all’amico Lucio Spinozzi, rinvia al Movimento Oulipo e, ancor prima, al dadaista Le Cabaret Voltaire (anagrammato in Clabot era la verità), ampliandone poeticamente l’orizzonte storico politico.


Luca Clabot, Al Cabaret Voltaire Clabot era la verità, Fatalitàlia, Galleria Michela Rizzo, Venezia | Foto: Laura Bellucci | © ARTE.it

Vedi anche:
FATALITÀLIA di Luca Clabot
Luca Clabot. Gli amici di Topolino
L’ultimo viaggio di Lucio Spinozzi
L’archeologia del caos: Lucio Spinozzi, PICTOR NATUS VENETIIS



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Lorenzetti record a Parigi, Rembrandt domina le aste a Londra

Lorenzetti record a Parigi, Rembrandt domina le aste a Londra


In Europa si é chiuso il calendario delle aste con le sessioni dedicate all’arte antica e ai dipinti classici, che fra il 6 e il 13 dicembre si è diviso fra le piazze di Londra e Parigi, coinvolgendo come sempre Sotheby’s e Christie’s ma anche la casa d’aste francese Tajan grazie alla riattribuzione di alcuni lavori. Il mercato si conferma sempre più concentrato su pochi dipinti dai ricavi milionari, mentre i lotti di fascia media di prezzo e dai nomi meno noti faticano a trovare compratori anche quando partono da stime conservative.
Inoltre, i ricavi complessivi di interi cataloghi faticano a raggiungere il prezzo di un solo lotto di arte del XX secolo o contemporanea.

Lorenzetti record da Tajan Paris

Le due tavole recentemente attribuite alla mano di Pietro Lorenzetti grazie al lavoro investigativo del Cabinet Turquin erano poste in vendita nel contesto dell’asta serale del 13 dicembre senza alcuna garanzia, contrariamente ai lotti milionari proposti dal duopolio inglese. Di Lorenzetti si conoscono solo poche decine di opere, e le due tavole a fondo oro trecentesche solo di recente sono state riconosciute come opera del Maestro. Non vi é stato bisogno di alcuna garanzia poiché entrambi i lotti hanno attirato rilanci protrattisi per diversi minuti fino a raggiungere risultati milionari ben al di sopra delle stime alte.
Il primo lotto, una tavola di circa 70 cm d’altezza in ottime condizioni raffigurante con ogni probabilità San Silvestro, è stato conteso da due collezionisti al telefono fino a superare agilmente la stima di 1,5-2 milioni di euro, per fermarsi a 2,4 milioni che con le commissioni divengono poco oltre 3 milioni di euro.

Giovanni Antonio Canal, Canaletto (1697-1768) – Venice: The Mouth of the Grand Canal from the East; and The Molo, with the Piazzetta and the Doge’s Palace, from the Bacino – circa 1734 – oil on canvas – 18.1/2 by 30.7/8 in. (47 x 78.4 cm.) and 18.1/2 x 30.5/8 in. (47.1 x 77.7 cm.); Estimate: £8,000,000-12,000,000

Ha dato soddisfazioni ancora più importanti in proporzione il lotto successivo di pari dimensione che si ritiene rappresenti Sant’Elena che, per ragioni di conservazione non ottimale, partiva da una stima piuttosto contenuta di 400-600mila euro; un terzetto di compratori, fra cui uno in sala, hanno spinto le offerte ben oltre la soglia del milione, fermandosi a 1.676.600 € con le commissioni.

Giovanni Antonio Canal, Canaletto (1697-1768) – Venice: The Mouth of the Grand Canal from the East; and The Molo, with the Piazzetta and the Doge’s Palace, from the Bacino – circa 1734 – oil on canvas – 18.1/2 by 30.7/8 in. (47 x 78.4 cm.) and 18.1/2 x 30.5/8 in. (47.1 x 77.7 cm.); Estimate: £8,000,000-12,000,000

Secondo quanto comunicato, il compratore di entrambe le opere per un totale di 4,7 milioni di euro, è un importante collezionista americano di arte contemporanea già noto cliente della casa d’aste parigina. Sarà pertanto interessante seguire l’atteggiamento delle autorità francesi in caso di eventuale richiesta di esportazione delle opere: lo Stato potrebbe infatti iniziare le procedure per comperarle per i propri musei, come è già avvenuto di recente con il lavoro il «Cristo deriso» di Cimabue, battuto dalla casa d’aste Actéon di Compiègne, finito al Louvre, acquistato per 24 milioni di euro.
A conferma della focalizzazione sul mercato di fascia alta, il catalogo generale comprendeva 85 lotti di cui solo 43 venduti, e nessun realizzo al di là delle tavole di Lorenzetti ha raggiunto la soglia dei 100mila euro.

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Rembrandt riattribuito da Sotheby’s Londra

La difficoltà a reperire opere di qualità è stata evidente sin dal numero ridotto di lotti proposti nell’asta serale di Sotheby’s che ha inaugurato la settimana il 6 dicembre a Londra: solo 27 di cui 20 venduti per un ricavo complessivo che ha sfiorato i 20 milioni di sterline, entro le aspettative pre-asta. Ben 11 milioni di £ con le commissioni sono dovuti ad un solo lotto, l’«Adorazione dei Magi» di Rembrandt, un olio su pannello ‘en grisaille’ di dimensioni contenute che giungeva in asta protetto da una garanzia di parte terza dalla stima di 10-15 milioni di sterline, che con ogni probabilità è andato aggiudicato al garante. Nell’ottobre 2021 lo stesso dipinto aveva scatenato una gara di rilanci all’asta online di Christie’s Amsterdam, per finire aggiudicato a 860mila euro da una stima di 10-15mila €, sintomo del fatto che si puntava sull’attribuzione diretta al Maestro anziché al suo Circolo.



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La spesa statale in cultura ci vede ancora al terzultimo posto in Europa

La spesa statale in cultura ci vede ancora al terzultimo posto in Europa



Definanziamento al cinema e all’audiovisivo

Relativamente agli interventi operati in Sezione I, che determinano complessivamente una diminuzione di 51,7 milioni di euro si evidenzia che l’Articolo 1 comma 538 LB riduce, a partire dal 2024, il finanziamento minimo del Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo di 50 milioni di euro annui, facendolo passare da 750 milioni di euro a 700 milioni di euro. Il capitolo 8599 dello stato di previsione del MiC, denominato “Fondo per lo sviluppo degli investimenti del cinema e dell’audiovisivo” viene, quindi, ridotto di 43 milioni di euro annui a decorrere dal 2024 (la restante riduzione di 7 milioni di euro annui, a decorrere dal 2024, risulta iscritta nel cap. 7765 dello stato di previsione del MEF, denominato “Somma da accreditare alla contabilità speciale 1778 “Agenzia delle entrate – fondi di bilancio”).

Tax credit per il cinema

L’Articolo 1, comma 538 LB, modifica l’Articolo 13, comma 2 della “Legge Cinema” (L. n. 220/2016) riducendo la dotazione del Fondo per il cinema e l’audiovisivo. La Legge è ulteriormente modificata nella parte relativa al tax credit e ad essere modificati sono i parametri. Per opere cinematografiche e audiovisive l’Articolo 1, comma 54 LB lascia l’aliquota del credito d’imposta al 40% ma, si legge, «è fatta salva la possibilità, nello stesso decreto, di prevedere aliquote diverse o escludere l’accesso al credito d’imposta in base a quanto previsto dall’articolo 12, comma 4, lettera b) (che indica gli obiettivi e le tipologie di intervento n.d.r.) ovvero prevedere aliquote diverse in relazione alle dimensioni di impresa o gruppi di imprese, nonché in relazione a determinati costi eleggibili o soglie di costo eleggibile, ferma rimanendo la misura massima del 40 per cento». È previsto, nel modificato articolo 17, a favore delle piccole e medie imprese un’aliquota massima fino al 60%. È aumentato fino al 40% il credito d’imposta sui costi di funzionamento delle sale cinematografiche per esercenti grandi sale, per le piccole e medie il credito può arrivare fino ad un massimo di 60%.

Altri finanziamenti e rifinanziamenti

Si segnalano, inoltre, gli interventi previsti all’Articolo 1, comma 407 LB a mezzo del quale gli uffici territoriali del MiC potranno accelerare il processo di ricostruzione di chiese o altri edifici – come previsto dall’articolo 11, comma 11-bis, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125 – delegando attraverso accordi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, le funzioni di stazione appaltante ai competenti uffici periferici del provveditorato interregionale per le opere pubbliche, agli Uffici speciali per la ricostruzione, ai comuni e alle diocesi.

L’Articolo 1 comma 58 LB autorizza l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale di avvalersi del supporto dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. per l’attuazione delle attività e delle misure della strategia nazionale di cyber- sicurezza. L’Articolo 1 comma 517 autorizza una spesa pari a 300.000 euro per l’anno 2024 in favore del comune di Vogogna per finanziare, nell’ambito di attuazione della Strategia nazionale per le aree interne, l’intervento di recupero dell’episodio di archeologia industriale della Bulloneria Morino di Vogogna anche mediante l’accordo di programma tra l’Università del Piemonte Orientale e il comune di Vogogna, beneficiario del presente provvedimento. Tra i rifinanziamenti, solo per il 2025, sono stati stanziati 500.000 euro per il Museo MAXXI di Roma percepirà e 400.000 euro per il Teatro Carlo Felice di Genova. Contestualmente viene ridotto di 400.000 euro a regime lo stanziamento iscritto sul piano di gestione relativo al Teatro dell’Opera di Roma e al Teatro alla Scala di Milano.

Che fine ha fatto l’indennità di discontinuità?

Non compare tra le voci della Legge di Bilancio la cosiddetta indennità di discontinuità a favore dei lavoratori dello spettacolo poiché già normata con Decreto Legislativo del 30 novembre 2023 n. 175. Dopo ben 78 audizioni parlamentari in Commissione congiunta Cultura e Lavoro, il D.Lgs. «Riordino e revisione degli ammortizzatori e delle indennità e per l’introduzione di un’indennità di discontinuità in favore dei lavoratori del settore dello spettacolo» è stato approvato dall’Esecutivo.
Partendo dagli interventi e dagli investimenti previsti da questa Manovra finanziaria, abbiamo chiesto a Alessandro Ferdinando Leon, Presidente e legale rappresentante di CLES S.r.l., qual è, secondo lui, l’impronta che questo governo intende dare al settore culturale e dove si poteva fare di più.
«La Manovra 2024 segue la grande riforma del Ministero della Cultura voluta dal Ministro Sangiuliano, la quale ha rallentato l’azione di governo (con la Legge 137 del 2023 il Ministero della Cultura, ha smantellato l’organizzazione per Direzioni Generali per fare ricorso al modello dei Dipartimenti n.d.r.). Seppur sembra difficile apprezzare il cambiamento e comprendere la direzione che Sangiuliano intende dare al suo mandato, possiamo dire che di certo non sia stata una finanziaria distruttiva: si è mantenuto per il momento lo stesso sistema, l’autonomia museale è stata ampliata, ci sono stati dei tagli, ma non una vera e propria rivoluzione. Questo potrebbe preannunciare una fase di transizione, ma è forse ancora presto capire dove si stia andando. Intanto, sono state cambiate “le teste” nelle posizioni apicali, un passaggio che si preannuncia a mio parere molto importante di cui vedremo gli effetti nel prossimo futuro».
Cosa si poteva fare di più? «Avrei voluto vedere maggiore spesa corrente anche al costo di una riduzione della spesa in conto capitale. Lo sguardo poi dovrebbe andare oltre al mondo della cultura tradizionale del patrimonio culturale, iniziando ad abbracciare in un’ottica sistemica anche a quello più ampio delle imprese culturali e creative. Ad oggi questo governo non ha agito, se non attraverso l’attuazione del PNRR, su vere e proprie politiche industriali di settore. Per ora non ci resta che aspettare, attendendo a tal proposito le prossime mosse del sottosegretario Gianmarco Mazzi per lo spettacolo dal vivo».



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La factory di Joana Vasconcelos in dialogo con musei e fondazioni

La factory di Joana Vasconcelos in dialogo con musei e fondazioni


In asta negli ultimi anni, dal 2020, il suo mercato si è decisamente ridimensionato e ha registrato solo pochi passaggi con un turnover che ad oggi è pari a 50mila euro (fonte artprice.com) con cinque lotti venduti. Il numero dei lotti venduti dal 2020 ad oggi non ha mai superato le dieci unità. Sotto il martello il suo mercato di riferimento, ovvero dove vengono vendute maggiormente le sue opere, è il Regno Unito. Qui ha registrato il suo top lot nel 2010 da Christie’s a Londra per «Marilyn» (2009), la scultura con pentole in acciaio e coperchi che è possibile ammirare alla Galleria degli Uffizi, aggiudicata per 420mila sterline (con il buyer’s premium il prezzo è 505mila sterline), da una stima compresa tra 100-150mila sterline.

Al Maat di Lisbona «Plug-in»

Ad accogliere i visitatori un’enorme piovra colorata, rivestita da un patchwork di velluto, uncinetto, paillettes, perline, seta orientale e luci Led, che ha lasciato, per tutta la durata della mostra fino al prossimo agosto, il luogo per la quale era stata commissionata nel 2015, ovvero la piazza centrale del vasto complesso di hotel, resort e casinò MGM di Macao (Cina). La mostra è organizzata nelle due sedi del museo, noti come MAAT Central e MAAT Gallery, appartenenti alla EDP Foundation, fondatore e sostenitore del museo.
Nel primo edificio, è esposta «Árvore da Vida [Albero della vita]» (2023), un’opera realizzata durante la pandemia nella quale l’artista ha potuto far lavorare i suoi dipendenti. L’installazione è alta 13 metri ed è composta da 6 mila foglie lavorate a mano.
Alla MAAT Gallery sono esposte in totale sette opere: la nuovissima «Drag Race» (2023), che instaura un dialogo con «War Games» (2011), due veicoli convenzionali trasformati in opere d’arte, il primo esageratamente ornato di intagli dorati e piume e il secondo ricoperto di fucili giocattolo e imbottito di peluche.
Due pezzi esposti al Guggenheim Museum di Bilbao sono presentati per la prima volta a Lisbona: la maschera a specchio resa popolare dal titolo «I’ll Be Your Mirror» (2019) e il gigantesco anello «Solitaire» (2018), installato all’esterno del museo. A queste opere se ne aggiunge un’altra proveniente dalla Collezione d’Arte della Fondazione EDP, «Strangers in the Night» (2000) opera con la quale Vasconcelos ha vinto la prima edizione dell’EDP Foundation New Artists Award 2000. Un’opera che, come per altri lavori dell’artista pur essendo eccentrici, cercano di comunicare aspetti della società moderna: in particolare consiste in una cabina peep-show imbottita di pelle e racchiusa in fari d’auto riutilizzati, il continuo lampeggio rappresenta gli uomini che cercano l’amore occasionale in auto di notte, il tutto accompagnato dalla canzone di Frank Sinatra che dà il titolo all’opera.

La collezione e i numeri della EDP Fundação

Con oltre 9.000 mq, il MAAT con i suoi due edifici è stato realizzato nel 2016 ed è la vetrina della collezione d’arte della Fundação EDP (EDP è una multinazionale portoghese attiva nel business dell’energia) che nel corso dell’anno realizza in media 18 mostre oltre ad ospitare esposizioni di altri paesi. Nel 2022 il muse ha accolto 246mila visitatori distribuiti nelle 15 esposizioni. La collezione d’arte della Fundação EDP è stata avviata nel 2000, comprendendo diverse generazioni di artisti contemporanei portoghesi, così come diversi mezzi di espressione e creazione artistica, come la pittura, la fotografia, il video o l’installazione.

In costante evoluzione attraverso acquisizioni annuali, la collezione comprende circa 2.400 capolavori di oltre 330 artisti. Sebbene il pezzo più antico risalga al 1942, la collezione ha come riferimento cronologico il decennio 1960. Tra gli acquisti nel 2015, attraverso l’acquisizione della Collezione Pedro Cabrita Reis, composta da 388 capolavori di 74 artisti, la Fondazione EDP ha iniziato a disporre di una delle acquisizioni più significative dell’arte contemporanea portoghese, a cavallo del XX secolo. Nella stagione 2021-2022, la Collezione si è arricchita di un insieme di autori e capolavori di epoche, origini e sensi diversi: spiccano Fernando Calhau (con «Água-mar-tempo», 1975), João Vieira (con «Viúva Negra», 1981), Miguel Branco (con «Sem título», 2021) o Ana Jotta (con «Ricochete #2 e Ricochete #6», entrambi del 2017).

Per quanto riguarda i numeri nel 2022, le entrate totali della Fundação EDP sono state pari a 15,1 milioni di euro, con un aumento del 9,8% rispetto all’anno precedente. La Sovvenzione ordinaria del Gruppo EDP, che ha rappresentato l’84,3% delle entrate totali (92,6% nel 2021), ha mantenuto il valore di 12,7 milioni di euro. Questo importo comprende 6,2 milioni di euro approvati dall’Assemblea generale del Gruppo EDP e i contributi di EDP Produção e E-Redes, rispettivamente di 2,8 e 3,7 milioni di euro. Le restanti entrate, per un totale di 2,4 milioni di euro, rappresentano il 15,7% delle entrate totali (7,4% nel 2021) in aumento del 131,7% rispetto all’anno precedente, grazie al ritorno alla realtà pre-pandemica. Questa situazione ha portato a un aumento delle entrate derivanti dalle vendite di biglietti e merchandising, nonché a un maggiore slancio commerciale nel settore della locazione degli spazi nelle sedi.
Le spese operative della Fondazione EDP hanno raggiunto i 13,3 milioni di euro, con un aumento del 13,5% rispetto al 2021. Il costo del personale ammonta a 2,6 milioni di euro e rappresenta il 19,8% del totale delle spese operative, con un aumento dell’1% rispetto all’anno precedente. Le spese generali sono state di circa 2 milioni di euro e hanno rappresentato il 14,9% del totale delle spese operative, con un aumento del 44% rispetto all’anno precedente. Le spese per le attività sono state pari a 8,7 milioni di euro, con un aumento del 12,2% rispetto al 2021.



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Christie’s, un anno paradossale: cresce il lusso e cala l’arte

Christie’s, un anno paradossale: cresce il lusso e cala l’arte


I risultati preliminari di Christie’s del 2023 mostrano un anno caratterizzato da un contesto globale difficile e confermano il trend in calo evidenziato nella prima parte dell’anno. Il totale delle vendite globali per arte e lusso sono state di 6,2 miliardi di dollari (5,8 miliardi di euro), un risultato che evidenzia, in dollari, un aumento del 7% rispetto ai livelli pre-Covid del 2019, ma un calo del 25%, sempre in valuta americana, rispetto al 2022.
Il ridimensionamento riflette, tra l’altro, il venir meno della straordinaria vendita della collezione di Paul Allen. Anche se la dismissione di un singolo proprietario è ormai una consuetudine negli appuntamenti con il mercato, l’asta dei capolavori del capo di Microsoft a New York è entrata nella storia, superando ogni record con un ammontare di 1,5 miliardi di dollari. Escludendo dal confronto l’apporto stellare di questa vendita il calo su base annua è del 7 per cento. È indubbio che lo “straordinario catalogo “del 2022 sia stato difficile da replicare, ma anche la situazione congiunturale ha impattato im modo significativo.

«Giro di collo», 1966 di Domenico Gnoli. © Christie’s Images Limited 2023

L’analisi di Cerutti

L’amministratore delegato di Christie’s, Guillaume Cerutti nel corso della conference call ha sottolineato che: “il 2023 è stato un anno piuttosto paradossale per Christie’s. Un contesto macro economico difficile e la contrazione del mercato dell’arte spiegano i volumi d’asta inferiori rispetto alle vendite record dell’anno precedente. Allo stesso tempo, però, siamo soddisfatti delle scelte di business che abbiamo fatto nel 2023. Abbiamo registrato un aumento delle vendite private e un forte afflusso nelle aste di clienti nuovi e più giovani”. Le private sale, che sono tuttora in corso come peraltro anche le aste, hanno registrato un aumento del 5% a 1,2 miliardi di $ e quest’anno hanno generato il 20% del volume d’affari rispetto al 14% del 2022. Nel corso della conference call l’amministratore delegato ha accennato, senza scendere troppo in dettaglio, che una private sale ha realizzato “ben oltre i 100 milioni di dollari” segnando la vendita più elevata nel suo genere per un singolo lotto.

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«Peinture (Femmes, lune, étoiles)», 1949 di Joan Miró. © Christie’s Images Limited 2023

l tasso di vendita (sell-through rate) si è mantenuto intorno all’84%, un livello leggermente inferiore a quello dello scorso anno. È chiaro che il risultato raggiunto è anche il riflesso delle garanzie. Guillaume Cerutti ha poi sottolineato l’importanza del sell-through rate, soprattutto, per leggere il profilo della clientela che affida alla casa d’asta la vendita delle opere d’arte. È importante conoscere il valore del martello rispetto alla stima bassa poiché il superamento della stima bassa riflette la capacità della casa d’asta di discutere con il cliente in modo accurato le stime pre asta, ovvero condividere con il venditore lo stato del mercato dell’arte in quel determinato momento.

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«Concetto spaziale, Attese» 1966 di Lucio Fontana. © Christie’s Images Limited 2023

Il lusso

Il 2023 è stato un anno eccezionale per il dipartimento del lusso – con un aumento del 53% (in dollari) delle vendite totali all’asta rispetto ai livelli pre-Covid, con una crescita record in tutto il settore del lusso. Insieme, Gioielli, Borse, Orologi e Vino hanno contribuito con 1 miliardi di dollari ai risultati annuali globali raggiungendo il totale di vendite dipartimentali più elevato della storia. Il lusso rimane la categoria di ingresso per i nuovi acquirenti che rappresentano il 35% del totale nel 2023. Ginevra si conferma la piazza più importante per gioielli e orologi e la settimana del Lusso a novembre ha totalizzato 125,4 milioni di franchi svizzeri (139,9 milioni di dollari), con la vendita del diamante Bleu Royal, il gioiello più costoso venduto all’asta nel 2023 (39,5 milioni di franchi svizzeri, cioè 44 milioni di dollari); la Heidi Horten Collection, la collezione di gioielli più preziosa venduta all’asta a Ginevra in maggio, con 202 milioni di dollari, ha raccolto fondi per cause filantropiche; la storica asta con il 100% di vendite all’asta dedicata al celebre orologiaio F.P. Journe, svoltasi a maggio, ha raggiunto 13,7 milioni di franchi svizzeri (15,3 milioni di dollari). Il lusso ha primeggiato, nell’Asia Pacifico superando i 2,18 miliardi di dollari di Hong Kong, il totale annuale più alto mai registrato.



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Il Made in Italy dell’arte diventa legge

Il Made in Italy dell’arte diventa legge


Il disegno di legge recante “Disposizioni organiche per la valorizzazione, la promozione e la tutela del made in Italy”, approvato alla Camera dei deputati il 7 dicembre scorso è diventato legge, in tempi record, grazie al sì del Senato giunto appena dopo 13 giorni. Un iter molto veloce se si pensa che il Ddl Made in Italy era stato presentato dal Governo agli inizi di agosto. Dei 59 articoli di legge, nello specifico, sei riguardano il comparto produttivo culturale che include le imprese, i professionisti della cultura, in particolare i creatori digitali e le opere di ingegno musicali, audiovisive e librarie.

Le novità

L’articolo 25 individua l’impresa culturale e creativa attribuendo la qualifica agli enti, indipendentemente dalla forma giuridica, e ai lavoratori autonomi che svolgono attività stabile e continuativa in Italia o nell’Unione Europea o nello spazio economico europeo, purché siano soggetti di imposta passivi in Italia. Le attività individuate sono l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la promozione, la conservazione, la ricerca, la valorizzazione e la gestione di beni, attività e prodotti culturali.
Tali attività, in forma singola o aggregata, devono essere svolte in via esclusiva o prevalente. Inoltre, si qualifica come impresa culturale e creativa chi svolge attività economiche di supporto, ausiliarie o funzionali all’ideazione, creazione, produzione, sviluppo, diffusione, promozione, conservazione, ricerca, valorizzazione o gestione di beni, attività e prodotti culturali. Nella categoria rientrano a tutti gli effetti gli enti del Terzo settore e le imprese sociali.

Cessano di esistere quali riferimento i famigerati codici Ateco in quanto non rappresentativi della complessità e frammentarietà del settore e che tanto male hanno fatto all’intero comparto. La legge demanda a un successivo provvedimento le modalità e le condizioni di riconoscimento della qualifica e di revoca.
Sono identificate le start-up innovative culturali e creative e inoltre viene istituito presso le CCIAA una sezione speciale in cui le imprese culturali devono iscriversi con l’obbligo per il sistema camerale di trasmettere l’elenco ogni anno al Ministero della Cultura. Le diciture “Impresa culturale e creativa” o “ICC” diventano un marchio di riconoscimento e di qualità. Viene confermata la doppia iscrizione in un secondo albo delle imprese culturali e creative di interesse nazionale tenuto presso il Ministero della Cultura (art.26). Anche in questo caso si demandano a un successivo provvedimento le modalità di attuazione dell’albo.

Le principali novità sono contenute negli articoli 27 e 28, rispettivamente per quanto riguarda la definizione degli artisti creatori digitali, i quali sviluppano opere originali ad alto contenuto digitale. Per tali opere è istituito un apposito registro pubblico presso il Ministero della Cultura, ai fini di tutela degli autori.
Nell’articolo 28 vi è, invece, la previsione di adozione di linee guida per la conservazione e la fruizione anche della versione originale delle opere musicali, audiovisive e librarie custodite nelle discoteche, cineteche e biblioteche pubbliche, al fine di evitare che il riadattamento delle opere con nuovi linguaggi comunicativi e divulgativi sostituiscano l’originale e ne facciano perdere la memoria. È stato istituito un fondo di 3 milioni annui dal 2024 al 2033 (art. 29).

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L’ultimo articolo dei sei specifici, (art. 30), prevede la realizzazione del Piano nazionale strategico triennale per la promozione e lo sviluppo delle imprese culturali e creative, di concerto tra il Ministero della Cultura, il Ministero delle imprese e del Made in Italy e il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, sentita la Conferenza tra Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.



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