Per più di tre decenni, nella sua pratica artistica, Cokes ha esplorato l’ideologia e l’influenza politica dei media e della cultura popolare e il loro impatto sulle società. Il suo lavoro si occupa di un’analisi mediale teorica delle notizie “sgonfie” che ci giungono ogni giorno: questa comunicazione estatica della società dei consumi produce copie senza originali, i cosiddetti simulacri. Si forma un’iperrealtà che, attraverso la sua sovrapproduzione di simboli, non permette più di relazionarsi con gli eventi reali. Gli slogan e le immagini si consumano nel tempo, creando così una distanza tra il loro significato effettivo e ciò che si riceve leggendoli in quel momento.1
Partendo da una critica della rappresentazione e della mercificazione visiva delle comunità afroamericane in film, televisione, pubblicità e video musicali, Cokes ha sviluppato una forma unica di saggio video che rifiuta radicalmente le immagini rappresentative. Queste opere in rapido movimento sono realizzate con materiale testuale e sonoro trovato da varie fonti come teoria critica, giornalismo online, letteratura e musica pop. Composti da una serie di riferimenti socio-culturali, i collage consentono un nuovo modo di pensare al razzismo strutturale, al capitalismo, alla guerra e alla gentrificazione.
Nel campionamento di materiale testuale e audio di diversi periodi di tempo, la comprensione della storicità di Cokes diventa evidente: attingendo a concetti ontologici di ritorno (come appaiono nella nozione di “hauntology” di Jacques Derrida, l’adattamento musicale-teorico di Mark Fisher, così come afrofuturismo e afropessimismo)2 che enfatizzano le conseguenze o “ossessionanti” di eventi sociali passati nel presente, i saggi video di Cokes espongono le continuità storiche nei discorsi in continua mutazione e nella cultura pop.
Per la mostra che abbraccia il Kunstverein München e l’Haus der Kunst, Cokes ha sviluppato diversi nuovi lavori che esaminano il passato delle due istituzioni attingendo a fonti storiche. Il punto di partenza è il legame ideologico-propagandistico tra i due siti espositivi durante l’era nazista e il loro ruolo politico-culturale nel contesto dei XX Giochi Olimpici di Monaco del 1972.
L’architettura neoclassica della “Haus der Deutschen Kunst” progettata da Paul Ludwig Troost, inaugurata il 17 luglio 1937 con la prima iterazione della “Große Deutsche Kunstausstellung” (Grande Esposizione d’Arte Tedesca), è stata una manifestazione esemplare di Politica culturale socialista. La mostra, propagandata come una rottura rivoluzionaria con l’arte moderna diffamata come “culturalmente sovversiva” ed “ebraico-bolscevica”, ha riunito più di 500 opere in cui Hitler vedeva la sua ideologia etno-razzista e la presunta supremazia di un “L’arte tedesca” rappresentata.“3 Il giorno successivo, nelle immediate vicinanze, nei portici dell’Hofgarten, che dal 1953 fanno parte degli spazi espositivi del Kunstverein München, ha aperto la mostra “Entartete Kunst” (Arte degenerata). Presentava circa 600 opere confiscate dai musei tedeschi durante l’omonima “Säuberungsaktion” (Purga) da parte dei nazionalsocialisti.4
Sulla base della programmazione ideologica di entrambi i siti espositivi durante il nazionalsocialismo, Cokes esamina le continuità della politica culturale di Monaco nel dopoguerra, in particolare quella del 1972, quando la città ospitò ancora una volta i Giochi Olimpici. In quanto “celebrazione della pace”, avevano lo scopo di rappresentare un’antitesi radicale ai giochi tenutisi per l’ultima volta nella Germania nazista nel 1936 e di presentare il paese a livello internazionale come uno stato cosmopolita e denazificato con successo. Questa ricodificazione politica si è espressa sia nell’architettura dello stadio olimpico progettato da Günther Behnisch e Frei Otto, che ha volutamente evitato qualsiasi monumentalità, sia in un’espansione infrastrutturale della città, nonché in un concetto di progettazione globale per i giochi del grafico Otl Aicher . Cokes, le cui opere audiovisive esplorano la politica affettiva dell’immagine, del colore e della tipografia, considera il design di Aicher in Some Munich Moments, 1937–1972 (2022), in particolare per quanto riguarda il suo concetto di colore e l’ideologia ad esso associata. Quest’anno ricorre il 50° anniversario delle Olimpiadi estive del 1972 a Monaco.
L’esplorazione artistica di Cokes dell’evento si estende allo spazio pubblico, consentendo così ulteriori prospettive sulla politica della memoria, con un focus sulla passerella che collega la Haus der Kunst e il Kunstverein München. Il sottopasso è stato realizzato nell’ambito del percorso di visita per l’evento sportivo nazionale del 1972. Nei loro 85 anni di convivenza di vicinato, nessuna rinnovata collaborazione tra le due sedi ha avuto luogo dai tempi delle mostre di propaganda nazista. In contrasto con la rigidità spesso storica e l’amnesia istituzionale, le vicende che collegano i due luoghi sono enfatizzate dall’artista: nel sottopassaggio oscurato che collega il Giardino Inglese e l’Hofgarten sono esposte opere di manifesti, corrispondenti a un’opera sonora altrettanto di nuova concezione.
Cokes è interessata alle contro-concezioni di spazi di unione e di pensiero sociale o politico. Il sottopasso rappresenta un “pubblico intermedio” e funziona quindi come spazio (contro)pubblico che concretizza i legami storici delle istituzioni. Inoltre, trovandosi tra le due sedi,
consente un impegno aperto con la loro rispettiva storia. L’invisibile si illumina camminando lungo questi percorsi di collegamento, mentre si svela un fragile spazio del ricordo. Vengono ispezionati spazi sotterranei che portano echi della storia del terrore del recente passato di Monaco. Dagli spazi della cantina dell’Haus der Kunst al passaggio pedonale sotterraneo, agli ex spazi della mostra diffamatoria della propaganda nazista del 1937, che oggi ospitano il Kunstverein: la storia viene portata alla vista del pubblico attraverso l’esame artistico di Cokes.
a Haus der Kunst, Monaco di Baviera
fino al 4 dicembre 2022