Veduta dall’alto della Fondation Martin Bodmer e del lago Lemano, Ginevra | Courtesy Fondation Martin Bodmer
Con la sua atmosfera cosmopolita e la tradizione umanitaria che ribolle nelle prestigiose organizzazioni internazionali e missioni diplomatiche che hanno sede in città, dalla sede europea dell’ONU e della Croce Rossa a quella del CERN, dell’UNHCR, del GAVI (Distribuzione dei vaccini nei Paesi poveri), la “capitale della pace” invita i visitatori a scoprire la sua indole attraverso le atmosfere fuori dal tempo della Vieille Ville, i musei che ne tessono la storia, il vivace Quartier des Bains.
Il quadrilatero ginevrino dedicato all’arte contemporanea, fino agli anni Sessanta conglomerato anonimo di fabbriche di meccanica di precisione, accoglie oggi prestigiose gallerie, dalla Patrick Cramer a Skopia, da Xippas al Centre d’édition contemporaine. Qui, varcando la porta della Galleria Cramer potrebbe capitarvi di incontrare il signor Patrick in persona che vi intratterrà con alcuni aneddoti relativi alla sua amicizia con Pablo (Picasso), alle chiacchierate con Joan (Mirò) ai soggiorni di Marc (Chagall) nella sua dimora.
Il Muro dei Riformatori nel Parc des Bastions, Ginevra | Foto: © Samantha De Martin per ARTE.it
Il cuore grande della “metropoli più piccola del mondo”, come Ginevra è conosciuta per il suo carattere multiculturale, è racchiuso in Place du Molard dove un bassorilievo sulla torre medievale ricorda la sua vocazione di città dei rifugiati sopra al ritratto di Lenin che qui trovò accoglienza. A terra, le pietre d’inciampo che si illuminano al tramonto danno il benvenuto ai turisti in sei lingue.
Il grido di dolore di Ginevra contro ogni guerra è invece racchiuso nell’istallazione in legno “Broken Chair” (“Sedia rotta”) che domina la piazza di fronte al Palazzo delle Nazioni Unite, in Place des Nations. Realizzata dallo scultore Daniel Berset, dall’alto dei suoi dodici metri, ricorda la tragica sorte delle vittime delle mine antiuomo.
D’altra parte l’ultima guerra combattuta dalla città risale al 1602 quando Ginevra si ribellò all’ennesimo tentativo, da parte del duca di Savoia, di riconquistare i possedimenti perduti. Per ricordare quel combattimento, durante il quale, secondo la leggenda, “Mère Royaume”, sarebbe salita sulle mura della città riversando la minestra bollente contenuta in una pentola sulla testa di un sabaudo, ogni anno, la notte tra l’11 e il 12 dicembre, si celebra l’Escalade, una festosa manifestazione con tanto di corteo commemorativo in abiti d’epoca.
Durante la nostra passeggiata guidata a Ginevra, al grido “Qu’ainsi périssent les ennemis de la République” – motto che risuona durante questa festa in tutte le case dei ginevrini dove il più anziano e il più giovane rompono la “marmitta” di cioccolato, dolce tradizionale della festa dell’Escalade – rinnoviamo il rito al cospetto del Muro dei Riformatori, il monumento che campeggia nel Parc des Bastions onorando i quattro maggiori rappresentanti del Calvinismo, Guglielmo Farel, Giovanni Calvino, Teodoro di Beza, John Knox.
La città di Jean-Jacques Rousseau, che concesse ospitalità ai perseguitati e che fu ribattezzata la “Roma protestante” dopo che Jean Calvin portò qui il Protestantesimo, subì il rigore di questa fede che invitava i fedeli a non ostentare la ricchezza, al punto da indurre i tanti orafi francesi esuli a convertire la loro manualità, arte e precisione, nell’industria orologiera. Motivo per il quale Ginevra, e altre località della Svizzera francese sono sinonimo di orologeria e puntualità.
Basta fare un salto al Patek Philippe Museum, nel cuore del quartiere di Plainpalais, per regalarsi un viaggio attraverso 500 anni di storia dell’arte orologiera grazie alle collezioni di orologi e ai capolavori in smalto di produzione svizzera, ginevrina ed europea, realizzati tra il XVI e il XIX secolo. Ed ecco perché la cioccolata, unica leccornia a esser concessa in un’epoca di privazioni, è diventata goloso sinonimo di Svizzera.
Una storia di pace e umanità: il Musée international de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge (MICR)
C’è un museo nelle cui sale il cuore di Ginevra batte con maggiore intensità.
La visita al Musée international de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge (MICR), l’unico museo consacrato all’opera di Henry Dunant, umanista, imprenditore e filantropo svizzero, Premio Nobel per la pace nel 1901, è un’esperienza di forte impatto. Tutto ebbe inizio quando il turbolento ragazzino, proveniente da una famiglia dell’alta borghesia ginevrina, profondamente scosso, da adulto, dalla carneficina e dalla disorganizzazione con la quale venivano portati i soccorsi nella battaglia di Solferino, maturò l’idea di dare vita a un corpo di volontari che assistesse tutti i feriti in battaglia senza distinzione di nazionalità.
Convenzione di Ginevra, 1864 | Courtesy Museo internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (MICR)
Nel 1863 Dunant, insieme ad altri quattro cittadini svizzeri, diede vita al Comitato ginevrino di soccorso dei militari feriti, chiamato comunemente Comitato dei cinque, predecessore del Comitato Internazionale della Croce Rossa. L’attività di Jean Henri Dunant, che descrisse gli orrori di guerra nell’opera Un ricordo di Solferino, fu l’impulso iniziale alla stipula delle convenzioni di Ginevra, una serie di trattati internazionali che contengono le norme di difesa della dignità umana. Il 22 agosto 1864 fu ratificata la prima convenzione di Ginevra per il miglioramento della sorte dei feriti in battaglia. La croce rossa su fondo bianco, emblema della più grande organizzazione umanitaria del mondo, nacque probabilmente come omaggio alla bandiera svizzera (croce bianca in campo rosso), simbolo che la Turchia e altri paesi islamici avrebbero sostituito con la mezzaluna di colore rosso in campo bianco.
Una sala del Museo internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (MICR) | Courtesy MICR
Inaugurato nel 1988 e completamente trasformato nel 2013, il Musée international de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge (MICR) è un viaggio interattivo di scoperta e riflessione, che parla al cuore dei visitatori proponendo, attraverso l’esposizione permanente e le mostre temporanee, un’esperienza unica d’iniziazione all’azione umanitaria. L’Avventura umanitaria è organizzata in tre spazi tematici concepiti da architetti di orizzonti culturali diversi: Difendere la dignità umana (opera del brasiliano Gringo Cardia), Ricostruire il legame familiare (realizzata da Diébédo Francis Kéré dal Burkina Faso) e Limitare i rischi naturali (del giapponese Shigeru Ban).
Ad accompagnare gli ospiti in questo viaggio sono dodici testimoni dei nostri tempi mentre 150 anni di storia si raccontano attraverso nove schermi tattili. Il Focus di attualità permette invece di seguire le operazioni della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa in tutto il mondo.
L’archivio dell’Agenzia internazionale dei prigionieri di guerra 1914-1923 | Courtesy Musée international de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge (MICR)
La sezione forse più emozionante del primo spazio tematico è quella che espone gli omaggi dei prigionieri ai delegati della Croce Rossa, la cui funzione è quella di visitare le carceri per garantire il rispetto dei diritti dei detenuti. Ogni prigioniero mostra come può, attraverso i mezzi che possiede in carcere, la propria riconoscenza alla persona che lo visita a nome del Comitato Internazionale della Croce Rossa. C’è chi dona una saponetta, chi una piccola opera realizzata con briciole di pane, chi un omaggio a forma di cigno costruito con carte di caffè. Un prigioniero nel 1944 scolpisce un uccello di legno, un altro nel 1918 realizza un servizio di tazzine con lische di pesce, custodito in una vetrina. Non mancano le storie raccontate attraverso schermi tattili, come quella di Emanuele, il bambino soldato che realizza il suo sogno di diventare un cantante rap.
La sezione relativa alla ricostruzione dei legami familiari, che la Croce Rossa incentiva in tutto il mondo, emoziona con le centinaia di fotografie di bambini dispersi, con le commoventi lettere delle madri ai figli, mentre di grande impatto è L’archivio dell’Agenzia internazionale dei prigionieri di guerra 1914-1923 iscritto al Registro della Memoria del mondo dell’UNESCO. Nella terza e ultima sezione dell’allestimento permanente intitolato Limitare i rischi naturali, il gioco “Uragano” mostra le attività di preparazione alle catastrofi naturali.
Allestimento della mostra Équilibres précaires al Musée international de la Croix-Rouge et du Croissant-Rouge (MICR), Julien Gremaud | Courtesy MICR
Il MICR accoglie la più grande collezione al mondo di manifesti umanitari, oltre a numerose fotografie. Diverse sono anche le mostre temporanee. Fino al 12 marzo il percorso Équilibres précaires è un invito a scoprire come mantenere l’equilibrio interiore mentre il mondo intorno a noi oscilla. Nell’anno dedicato alla “Salute mentale” (2022/2023), il Museo internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (MICR) ha dato carta bianca a tre artisti svizzeri contemporanei, Denise Bertschi, Nicolas Cilins e Nina Haab. Dialogando con una scultura di Olafur Eliasson, le loro opere inedite esplorano i nostri limiti, fisici e mentali, mettendo in discussione le nostre oscillazioni interiori.
Dal 25 maggio al 17 settembre è invece attesa la personale di Petrit Halilaj, l’artista visivo che da bambino ha conosciuto la guerra in Kosovo fermandola in alcuni disegni che ha realizzato mentre uno psichiatra infantile lo accompagnava in un campo profughi. Una volta divenuto adulto riscopre, da artista, i suoi lavori adattandoli a una grande installazione immersiva che interroga la memoria collettiva e individuale offrendo una riflessione sulla salute mentale e sulla resilienza.
Petrit Halilaj | Courtesy Matt Greenwood Tate St-Ives
Tra i presidenti della Croce Rossa si annovera un certo Martin Bodmer. Per saperne di più intorno a questo collezionista d’arte e filantropo svizzero che ha dato vita a una delle biblioteche private più importanti al mondo ci spostiamo di qualche chilometro inerpicandoci verso la silenziosa collina di Cologny.
Discendente di una famiglia di industriali arricchitasi con il commercio della seta, Bodmer, coltivò da sempre il suo sogno: dare vita a una “biblioteca universale” che ospitasse tutti i capolavori dell’umanità.
La Fondation Martin Bodmer, “wunderkammer” del pensiero umano
Quando l’ultimo sole colora di rosa i brandelli di neve che incastonano le due ville di inizio secolo che ospitano la Fondation M. Bodmer, la nostra visita si carica di suggestione. Martin Bodmer immaginava la sua biblioteca come un museo di tesori da condividere con il pubblico, ma è solo nel 1999 che sono stati mossi i primi passi per costruire un vero e proprio spazio espositivo. Il museo sotterraneo, progettato dall’archistar Mario Botta, ospita raffinate mostre temporanee. Creata nel 1971, la Fondazione espone alcuni dei più grandi testi letterari di tutto il mondo e di tutta la storia umana per un totale di sedici chilometri di libri.
La Fondation Martin Bodmer | Courtesy Fondation Martin Bodmer
La Biblioteca Bodmeriana, una sorta di wunderkammer del pensiero umano, dagli albori della scrittura ai giorni nostri, con i suoi 150 000 documenti in quasi 120 lingue differenti, dal 2015 è iscritta all’UNESCO Memory of the World programme, un’iniziativa volta a proteggere il patrimonio documentario mondiale, e costituisce una delle biblioteche private più importanti al mondo. Al suo interno sono custoditi 200 manoscritti occidentali e un centinaio orientali, circa 2000 documenti autografi e 270 incunaboli, rare incisioni. La collezione comprende una delle 48 copie sopravvissute della Bibbia di Gutenberg, e ancora la più antica versione completa del vangelo di Giovanni, le prime edizioni di Shakespeare, Molière, Lope de Vega, tre manoscritti trecenteschi della Commedia e manoscritti di opere di Virgilio e Tommaso d’Aquino, le tesi di Lutero e una serie di documenti firmati da Mozart, Beethoven, Napoleone e Borges solo per citare alcune chicche. Il reperto più cospicuo del fondo è certamente il corpus dei Papiri Bodmer (circa 1800 pagine in copto e greco su argomenti cristiani e pagani), un gruppo di ventidue papiri scoperti in Egitto nel 1952 e che Martin riuscì ad acquisire.
La collezione alimentata dalla passione di Martin Bodmer include anche diverse opere d’arte. Un inventario (incompleto) elenca 117 oggetti risalenti alla preistoria, all’antico Egitto, all’antico Medio Oriente, alla Grecia antica ed ellenistica, ma anche legati a Roma, all’Europa medievale e moderna, all’arte indigena delle Americhe, dell’Africa, dell’Oceania e dell’Estremo Oriente. Ci sono le monete dall’antica Grecia e dall’Impero Romano al Medioevo, disegni, pietre e fossili (alcuni di questi visibili nel bookshop della Fondazione).
Fondation Martin Bodmer
Varcando il cancello si percepisce la missione del suo collezionista: riflettere “l’avventura dello spirito umano” dando vita a una “Weltliteratur”, una “biblioteca della letteratura mondiale”. La straordinaria collezione permanente non è interamente visibile agli ospiti, ed è anche per questo che, oltre a promuovere la digitalizzazione dei documenti in modo che possano essere fruibili da tutti e da qualsiasi parte del mondo, la Fondazione funge anche da hub di ricerca, accogliendo i ricercatori internazionali.
La collezione è visibile, a rotazione, grazie alle interessanti mostre, autentiche chicche dedicate alla scienza, alle arti, alla storia e alla letteratura, che la Fondazione accoglie. Come l’esposizione da poco conclusasi dedicata a Dante, dal titolo Inside the Dante Factory, un gigantesco laboratorio composto principalmente da oggetti appartenenti alla Fondazione Martin Bodmer, mai esposti al pubblico, oltre a libri e manoscritti rari e a una copia originale del celebre ritratto di Dante di Sandro Botticelli del 1495.
Dal 3 marzo al 9 luglio la Fondazione accoglierà un percorso dedicato ai “Tesori illuminati della Svizzera”, un approfondimento sulle miniature che impreziosiscono i libri antichi, in arrivo principalmente dalla biblioteca dell’abbazia di San Gallo, una delle biblioteche monastiche tra le più importanti e antiche al mondo.
Tra le gallerie d’arte del Quartier des Bains, la “piccola Soho di Ginevra”
Raggiungiamo il Quartier des Bains. Questo autentico santuario dell’arte moderna ginevrina con il Centre d’Art Contemporain, il MEG – Musée d’ethnographie de Genève, il MAMCO – Musée d’art moderne et contemporain, è stato ribattezzato la “piccola Soho di Ginevra” per l’atmosfera creativa che si respira tra le sue strade.
Il MAMCO – Musée d’art moderne et contemporain de Genève – attraverso le ampie vetrate e le sale dove si intravedono le tracce delle macchine che un tempo popolavano questa fabbrica dismessa, ammicca alle numerose gallerie d’arte di questo quartiere che accoglieva un tempo i bagni pubblici. Con la sua collezione che include oltre 6.000 opere che vanno della seconda metà del XX all’inizio del XXI secolo, il MAMCO, sin dalla sua apertura, nel 1994, ha sviluppato una forma di museografia senza precedenti diventando il più grande museo di arte contemporanea della Svizzera. Lavorando principalmente sull’arte dagli anni Sessanta, questa istituzione punta su una “esposizione globale” che riunisce mostre temporanee e rinnovate presentazioni delle sue collezioni permanenti. Dedicato all’arte del nostro tempo, il MAMCO si rivolge a un pubblico ampio proponendo percorsi storici attraverso diverse mostre articolate attorno a un progetto principale, rinnovato tre volte all’anno.
Così nella “piccola Soho” ginevrina dove un tempo campeggiavano i bagni pubblici e le fabbriche della SIP, nel reticolo tra rue des Rois, Rue des Vieux-Grenadiers, Rue des Sablons, fanno oggi capolino i manichini con le effigi di Pac-Man dell’artista californiana Liz Craft, che ammiccano ai passanti dalle grandi vetrine del Centre d’édition contemporaine, a metà tra un coro urlante e una setta di pazzi, grotteschi e minacciosi, che implorano di essere portati fuori dal loro inferno.
Nell’antico quartiere dei bagni capita poi di imbattersi nei dipinti astratti dell’artista visivo Alain Biltereyst, protagonista fino al 4 marzo di una retrospettiva alla Galleria Xippas dal titolo Hidden in Plain Sight assieme a Decano Monogenis, i cui lavori sono popolati da edifici modernisti, impalcature colorate e case di architetti immaginari tra paesaggi rocciosi ricoperti di vegetazione selvaggia, sul confine tra realtà e fantasia. Mentre dal 13 gennaio al 4 marzo le sale della Galleria Skopia presentano Rottedrame – Hamburg, una retrospettiva dedicata a Émilien Leroy.
Pochi metri ci separano dalla Galleria di Patrick Cramer, al numero 2 di Rue du Vieux-Billard. Una leggera pioggia, in un pomeriggio di inizio dicembre, contribuisce a trasportarci in un tempo altro fatto di artisti e collezionisti appassionati. Dopo aver annunciato la prossima mostra dedicata ad André Du Besset (Oeuvres récentes dal 12 gennaio al 28 febbraio), artista francese noto per i suoi lavori in acrilico su stoffa, Cramer mostra una foto di famiglia scattata da Jacqueline Picasso a Cannes nel 1961. Ritrae Pablo assieme a Gérald, Tania, Ynes e Patrick Cramer. A sua volta figlio di gallerista, Cramer si lascia andare ai ricordi di famiglia, ricorda l’acquerello donato da Joan (Mirò) come regalo di nozze, la passione di Marino Marini per Ginevra, parla delle visite di Chagall nella sua casa, dove il pittore ha soggiornato ben 17 volte. È una fonte inesauribile di aneddoti, Cramer, e si rimarrebbe ore ad ascoltarlo nelle intime sale di questa galleria nel cuore del Quartier des Bains.
Mentre il sole tramonta e il celebre “Jet d’eau” (il getto d’acqua) si colora raggiungendo il cielo con i suoi 500 litri di acqua del lago che schizzano verso il cielo con una velocità di quasi 200 chilometri orari, il profumo della cioccolata si impiglia tra i rami dgli alberi che cingono il Lemano, simili a coralli di lago. Un tour con Nadia, l’appassionata guida di Local flavours tour vi svelerà le cioccolaterie più pregiate e sorprendenti, per un avvincente viaggio tra autentiche opere d’arte tutte da gustare.
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