A fine dicembre il ceo di Phillips, Stephen Brooks, si è dimesso dopo quasi tre anni alla guida della casa d’aste. Durante il suo mandato la società controllata dal Mercury Group ha registrato un aumento del volume d’affari e ha ampliato la sua portata in tutto il mondo, anche in mezzo alle sfide che hanno caratterizzato questi ultimi due anni. Le dimissioni, che risalgono al dicembre scorso, secondo quanto affermato dalla casa d’asta, sono per motivi personali e a supervisionare la gestione dell’azienda subentrerà, nel frattempo, Edward Dolman, attuale presidente esecutivo e già amministratore delegato dal 2014 al 2021.
La crescita della società
Negli anni post pandemia Phillips, al pari di altre case d’aste, ha saputo cavalcare l’onda degli effetti positivi dello sviluppo tecnologico con un’offerta online molto vasta. Nel 2021 Phillips aveva registrato risultati in crescita in linea con il trend del momento: il volume d’affari aveva raggiunto 1,2 miliardi di dollari a livello globale, con un aumento del 32% rispetto al 2019, superando, per la prima volta, il miliardo di dollari. Stephen Brooks, direttore finanziario per 11 anni da Christie’s, iniziò ufficialmente il suo mandato nel settembre 2021. Nel 2022 il volume d’affari aumentò ulteriormente fino a raggiungere 1,3 miliardi di dollari, (+8% rispetto al 2021) con un incremento del 32% rispetto al livello pre-pandemico del 2019. Nel frattempo, sotto Brooks, Phillips ha potenziato la presenza in Asia, aprendo una nuova sede nel distretto culturale di West Kowloon a Hong Kong e anche in Italia è stata aperta una sede di rappresentanza a Milano. Nel 2023 ha riconfigurato le sedi principali, annunciando a dicembre di aver aggiunto specialisti in Asia, mentre a luglio, ha consolidato le sue operazioni a Los Angeles, dopo aver eliminato due posizioni regionali sulla costa occidentale. Inoltre, negli ultimi anni, Phillips aveva enfatizzato una strategia di introduzione di artisti agli esordi, i cosiddetti giovani talenti, attraverso le vendite «New Now», indicando i record stabiliti per questi giovani autori come un parametro chiave del suo successo e della crescente influenza nel settore. Nel 2023, Phillips ha fatto debuttare 123 artisti in altre vendite.
I conti del 2023
Nello scorso anno la situazione del mercato dell’arte, come per altri big del settore, non è stata brillante. Phillips non ha comunicato i dati e, secondo indiscrezioni stampa, dovrebbe aver realizzato 840,7 milioni di dollari di volumi d’asta, una cifra che segna un calo del 15% rispetto al totale dell’anno precedente, pari a poco più di un miliardo di dollari. Il risultato conferma un trend in calo già nel primo semestre, quando la casa d’asta aveva comunicato i risultati: il fatturato globale è stato di 453 milioni di dollari, in calo del 39% rispetto ai 746 milioni registrati nella prima metà del 2022.
Nel primo semestre 2023 le vendite all’asta sono state pari a 409 milioni di dollari con un calo del 31% rispetto ai 590 milioni di dollari registrati nello stesso periodo dell’anno precedente. Il dato del primo semestre 2023 è inferiore anche ai 452 milioni di dollari registrati nella prima metà del 2021. Nel corso dell’anno passato, le cinque opere più importanti vendute da Phillips, di artisti come Gerhard Richter e Fernand Léger, hanno fruttato complessivamente 87,6 milioni di dollari. Si tratta di un calo del 50% rispetto ai 173 milioni di dollari generati dalle prime cinque opere della casa nel 2022, quando due opere di Jean-Michel Basquiat e Yves Klein avevano fruttato da sole 126 milioni di dollari.
Profondo rosso nel Regno Unito
Per la casa d’aste la situazione è decisamente peggiorata tra il 2021 e il 2022. Secondo il bilancio e la relazione del consiglio di amministrazione della Phillips Auctioneers Limited, la casa d’aste ha evidenziato il raddoppio delle perdite in seguito all’aumento dei costi dei trasporti e delle consegne che hanno determinato nei conti del 2022 un’impennata dei costi del 25,7% a causa dell’inflazione, nonostante la crescita del volume d’affari, in presenza però di in un contesto di “rallentamento del mercato”, come si legge nella relazione alla gestione. A fine 2022 il volume d’affari delle aste era pari a 145,8 milioni di sterline (2021: 127,7 milioni di sterline), mente le private sale avevano raggiunto 62,8 milioni di sterline (2021: 31,0 milioni di sterline). Il margine di profitto lordo è diminuito dal 57% del 2021 al 53% del 2022 riflettendo “la maggior pressione sui ricavi dovuta alla natura altamente competitiva del mercato dell’arte”.