Una sintassi di forme irregolari, disarticolate e strutturate caratterizza le opere a parete tridimensionali di Wyatt Kahn, assemblate in composizioni tanto astratte quanto connotative. Ritenere Un bar, dove geometrie di aperture semicircolari, ritagliate da recinti quadrati, si accumulano su una superficie densa, come sottobicchieri bruciacchiati o bicchieri semivuoti lasciati in disordine su un piano di lavoro. O Senza titolo (lui e noi), che riprende un motivo familiare al lessico di Kahn: un corpo verticale articolato attraverso l’accumulo di una pila di sottili bande simili a costole al suo centro, amplificato, avvolto, persino abbracciato da rigide braccia a forma di U che si allacciano sopra e sotto il primario terra. Le metafore antropomorfizzanti sorgono facilmente, mentre si trova giocosamente a cavallo del confine tra astrazione geometrica e figurazione, tra pittura e scultura, intervenendo nel contempo nei rispettivi e intricati lignaggi e discorsi storici di ciascuna categoria. E poi ci sono i suoi titoli: La ragazza con i cerchi, Acrobata. La sintassi di Kahn, articolata nella forma, è una grammatica di segni all’interno della quale anche il linguaggio gioca un ruolo importante.
Prendi il bagnante in piedi, un assemblaggio di colonne verticali bordate che mette in scena una sorta di raduno – uno che sceglie dai vasti annali dell’arte figure storiche del bagnante, solo per renderle qui, disadorne, crude, non modulate, come mera evocazione. I soggetti di questa serie, accennati nonostante l’apparente astrazione delle forme di Kahn, sono profondamente radicati in campi di riferimento che abbracciano la storia dell’arte, ma anche il quotidiano, il domestico, il personale, l’immaginario: Acrobata può indicare i ritratti titolari di Picasso del 1930 di figure flessibili che contorcono la forma umana in posture improbabili, ma può altrettanto facilmente evocare oggetti quotidiani come le scale a pioli nello studio e nella casa dell’artista, per non parlare delle possibilità narrative che possono derivare da la fusione di entrambi i sostantivi. Kahn non scarta mai del tutto l’argomento; invece, potrebbe riapparire solo perché geometrie astratte gli conferiscono una nuova forma.
In effetti, attraverso la sua elaborazione della tela sagomata – un progetto che ha intrapreso dall’inizio della sua carriera artistica – Kahn ha adottato un approccio unico alle preoccupazioni pittoriche, rifratte attraverso una lente scultorea. Se il suo lavoro si è evoluto all’intersezione tra pittura e scultura, ha anche, più recentemente, rivisitato intenzionalmente entrambi i mezzi come campi indipendenti all’interno dei quali ricostruire e occasionalmente espandere gli esperimenti condotti al loro incrocio. In “Knots & Figures”, una nuova serie di dipinti ad olio su tela, elaborati accanto a tele sagomate corrispondenti o affini, comprimono il gioco dimensionale di queste ultime all’interno di un unico piano pittorico. Nelle loro complesse sovrapposizioni di linee, forme, colori e pennellate, i dipinti a olio di Kahn sono come aggregati delle procedure additive e sottrattive che informano le sue opere a parete, retroingegnerizzate per ridistribuire queste operazioni in un registro puramente pittorico. Qui, figura e sfondo si librano e si soppiantano fluidamente, sospesi sulla superficie che arretra e insieme avanza nello spazio senza profondità. Tenendo presenti gli analoghi scultorei di queste forme, per Kahn la pittura non può mai riassumere il suo posto statico come mezzo dell’illusione, né può semplicemente agire come mezzo della piattezza.
Non sorprende, ma certamente non è insolito, quindi, l’abbraccio di Kahn alla scultura in altorilievo, quasi autoportante, in una nuova serie di piccoli bronzi fusi. Mentre la sua scultura ha assunto una dimensione monumentale nelle sue opere pubbliche del 2021 commissionate per l’esposizione all’aperto, questi nuovi bronzi sono meno ambientali che simili a oggetti, intimi, persino viscerali, nella loro letteralizzazione delle relazioni interne e formali evocate nel suo “appartamento” opere a parete. Dotate di volume e massa, queste sculture rendono piano e linea nello spazio: sottili linee serpentine diventano condotti intestinali annodati e avvolti attorno a una forma centrale portante definita attraverso masse positive e vuoti ritagliati. Questi sono elementi familiari del repertorio visivo dell’artista riemersi, o ricostituiti come qualcosa di più che, al di là, della superficie, una trasposizione che, attraverso mezzi, materiali, supporti e substrati, aggiunge un’altra dimensione al progetto in corso di Kahn.
Rachel Valinsky
a Galleria Eva Presenhuber, Vienna
fino al 22 dicembre 2022